Passata in sordina durante le feste e ignorata dai media italiani, la notizia è di quelle dirompenti. Secondo alcuni siti israeliani e americani, l’Arabia Saudita avrebbe raggiunto un accordo con il Pakistan per ottenere l’uso di due delle circa 80 testate nucleari pakistane.
Nel 2003 erano girate le prime voci su una cooperazione militare riservata che garantiva accesso alla tecnologia nucleare pakistana in cambio di petrolio a basso costo. In seguito da Riyadh (capitale dell’Arabia Saudita) era spuntato fuori un documento segreto che rivelava tre opzioni possibili per i sauditi: 1) acquisire autonomamente un deterrente nucleare, uscendo dal trattato di non proliferazione, 2) allearsi e godere dell’ombrello nucleare di una potenza atomica, 3) provare a raggiungere un accordo per un Medio Oriente privo di armi atomiche. Ora sembra che la seconda opzione sia stata la strada scelta dal governo ultraconservatore di Riyadh.
Le testate nucleari pakistane sarebbero pronte per la consegna nella base aerea di Kamra (a nord del Paese). Le due bombe raggiungerebbero i missili Ghauri II (già consegnati ai sauditi) e potrebbero essere montate in modo da raggiungere obiettivi a 2.300 km di distanza. Le installazioni nucleari saudite sono visibili da satellite: la città sotterranea di Al-Sulaiyil, a sud della capitale, è pronta a ricevere le bombe, a stoccarle e a montarle sui missili. Le fonti americane confermano anche la presenza di due aerei da trasporto senza insegne che attendono ordini dal re Abdullah e dal direttore dell’intelligence saudita.
Un ulteriore riscontro di questi fatti arriva dai forum sulla sicurezza di fine anno, in cui i sauditi lasciavano cadere messaggi, come per garantire che non c’era bisogno di un programma nucleare saudita (simile a quello iraniano), ma che Riyadh aveva già accesso alle bombe e alle tecnologie di un partner disponibile a fornirle “su richiesta”. Dai recenti documenti pubblicati da Wikileaks si apprende che i sauditi sarebbero enormemente preoccupati da un Iran nucleare, che potrebbe destabilizzare il regime dall’interno grazie ai suoi infiltrati delle regioni sciite a nord e rubare la scena ai sauditi come potenza regionale.
In fondo il problema risiede tutto nell’idea che abbiamo del futuro: in un mondo conflittuale, in cui la dialettica è tra minaccia e deterrenza, è perfettamente razionale pensare di proteggersi acquisendo testate nucleari. «Per non farmi polverizzare, voglio anch’io l’arma per polverizzarti», pensano molti dittatori; in una democrazia, una decisione simile dovrebbe almeno passare al vaglio di parlamento e opinione pubblica. Una realtà in cui a potenza nucleare si oppone potenza nucleare – sebbene simmetrica – è però enormemente pericolosa. Per non parlare dei rischi connessi al terrorismo e degli enormi sprechi di risorse destinate da Paesi poveri a inutili programmi nucleari…
A prescindere da cosa si può pensare dell’attuale scenario globale (con sole 9 potenze in possesso di armi atomiche), un atteggiamento fermo e duro contro chi non rispetta i trattati è indispensabile per non indurre altri Stati nella tentazione di crearsi un proprio arsenale. Se non verrà detta una parola chiara sulla proliferazione in Medio Oriente, il rischio è di alimentare le aspirazioni nucleari di Siria, Turchia, Azerbaijan ed Egitto, rendendo la situazione davvero esplosiva.