Davide e Golia

Alessandro Zanardi,

ClessidraSiamo nel mez­zo di un pro­fon­do cam­bia­men­to negli equi­li­bri inter­na­zio­na­li. La nostra gene­ra­zio­ne è all’apice del­la gran­de tra­sfor­ma­zio­ne sto­ri­ca che por­te­rà per la pri­ma vol­ta da mol­ti seco­li a que­sta par­te sem­pre più Paesi, che fino­ra han­no vis­su­to all’ombra di Europa e Stati Uniti, a emer­ge­re e con­fron­tar­si alla pari con il mon­do “svi­lup­pa­to”.

Chi si chie­de “ok, ma a me cosa inte­res­sa?”, ten­ga a men­te che il cam­bia­men­to può inve­sti­re ogni aspet­to del­la nostra quo­ti­dia­ni­tà: quan­to paghia­mo per man­gia­re o com­pra­re un cel­lu­la­re (prez­zi di beni pri­ma­ri e secon­da­ri), la qua­li­tà dei ser­vi­zi pub­bli­ci (come scuo­la, sani­tà e tra­spor­ti), la pos­si­bi­li­tà di tro­va­re lavo­ro, il costo del­le bol­let­te, e così via.

L’onda lun­ga è davan­ti agli occhi di tut­ti e, guar­dan­do bene, si pos­so­no già intra­ve­de­re i pri­mi segna­li: dif­fi­ci­le ripre­sa eco­no­mi­ca per l’Occidente, con­ces­sio­ne di mag­gior pote­re ai Paesi asia­ti­ci negli orga­ni­smi inter­na­zio­na­li, ricer­ca di poli­ti­che con­di­vi­se nel­la gestio­ne del­le sfi­de globali.

Recentemente anche Dominique Strauss-Kahn – diret­to­re gene­ra­le del Fondo mone­ta­rio inter­na­zio­na­le e tra i più papa­bi­li can­di­da­ti a sfi­da­re Sarkozy nel­le pros­si­me pre­si­den­zia­li fran­ce­si – ha rila­scia­to un’intervista al set­ti­ma­na­le Newsweek, soste­nen­do che «i due seco­li del­la Rivoluzione indu­stria­le, quan­do Paesi rela­ti­va­men­te pic­co­li pote­va­no domi­na­re i mer­ca­ti e le poli­ti­che glo­ba­li per­ché con­trol­la­va­no alcu­ne tec­no­lo­gie (per esem­pio le armi e l’acciaio, ma anche i tes­su­ti, le comu­ni­ca­zio­ni e l’agricoltura inten­si­va) sono fini­ti. Ora il pro­gres­so tec­no­lo­gi­co è glo­bal­men­te con­di­vi­so e, come acca­de­va un po’ di seco­li fa, pro­ba­bil­men­te la for­za di una nazio­ne sarà misu­ra­ta dal­la sua popolazione».

La rifles­sio­ne è mol­to inte­res­san­te e ci riguar­da tut­ti da vici­no. Personalmente ci sono due aspet­ti su cui non sono d’accordo.

1) Se per “for­za di una nazio­ne” inten­dia­mo il suo poten­zia­le mili­ta­re con­di­vi­do le con­clu­sio­ni di Strauss-Kahn. C’è però da augu­rar­si, per ovvi moti­vi, che nei seco­li futu­ri non sia que­sta la logi­ca domi­nan­te. Se quin­di con­si­de­ria­mo la “for­za di una nazio­ne” come la sua capa­ci­tà di crea­re benes­se­re per i cit­ta­di­ni che la abi­ta­no e garan­ti­re un’alta qua­li­tà di vita, allo­ra il discor­so cam­bia radi­cal­men­te. Abbiamo davan­ti ai nostri occhi i risul­ta­ti pro­dot­ti in que­sti ambi­ti dai Paesi Scandinavi, nono­stan­te la loro scar­sa popo­la­zio­ne (anzi, in par­te, for­se faci­li­ta­ti pro­prio da que­sto). Il suc­ces­so di ogni nazio­ne dipen­de­rà dun­que dal­la capa­ci­tà di con­di­vi­de­re i suoi pro­gres­si sul­la più lar­ga base pos­si­bi­le. E qui ven­go al secon­do punto.

Diritti2) Come spes­so acca­de nel­le ana­li­si di cre­sci­ta basa­te prin­ci­pal­men­te su fat­to­ri eco­no­mi­ci, si ten­de a soprav­va­lu­ta­re la pro­gres­sio­ne in cor­so. Le pro­ie­zio­ni tra­la­scia­no infat­ti un fat­to­re essen­zia­le: le isti­tu­zio­ni. Finché i Paesi emer­gen­ti non accom­pa­gne­ran­no la loro cre­sci­ta eco­no­mi­ca a uno svi­lup­po socia­le e isti­tu­zio­na­le, l’Occidente man­ter­rà un for­tis­si­mo van­tag­gio com­pa­ra­ti­vo nel medio-lun­go periodo.

Di recen­te ho tra­scor­so diver­si mesi nel sud-est asia­ti­co, dove ho potu­to osser­va­re con i miei occhi quel­lo che scri­vo. Il rapi­do svi­lup­po in cor­so è fra­gi­le e dipen­den­te dall’Occidente più di quan­to gene­ral­men­te si cre­da, per­lo­me­no fin­ché que­sti Paesi non inte­gre­ran­no nel pro­prio Dna i fat­to­ri che han­no garan­ti­to (e tutt’ora garan­ti­sco­no) una pro­gres­si­va sta­bi­li­tà socio-poli­ti­ca – e di con­se­guen­za eco­no­mi­ca – all’Occidente. Parlo di demo­cra­zia, istru­zio­ne, tute­le socia­li (come sani­tà e pen­sio­ni), liber­tà d’informazione. La Cina lo sa bene: ne è dimo­stra­zio­ne il fat­to che con sem­pre mag­gio­re insi­sten­za nel­le riu­nio­ni del Partito Comunista que­sti argo­men­ti sono all’ordine del gior­no (crean­do tra­lal­tro non pochi con­flit­ti al suo inter­no tra chi ha una visio­ne più con­ser­va­ti­va o riformatrice).

Al tem­po stes­so, quan­do que­ste rifor­me ver­ran­no attua­te dai Paesi emer­gen­ti, ine­vi­ta­bil­men­te i loro tas­si di cre­sci­ta lega­ti agli scam­bi inter­na­zio­na­li ral­len­te­ran­no a cau­sa dei “costi socia­li” immes­si e si tor­ne­rà a un mag­gio­re equi­li­brio. Che il siste­ma ten­da, nel lun­go ter­mi­ne, in que­sta dire­zio­ne è sen­za dub­bio. Quello che inve­ce non è anco­ra del tut­to chia­ro è cosa pos­sa suc­ce­de­re nel frat­tem­po. Chi è inte­res­sa­to a sape­re qua­li rischi cor­ria­mo, può dare un occhio qui.

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