In tempi di social network(ing) è sempre più difficile tenere il passo. Spesso basta Facebook – tra tutti i network sociali sicuramente il più noto – per riempire le giornate. Al punto che molte aziende e pubbliche amministrazioni ne vietano l’accesso ai propri dipendenti.
Ma, a voler essere particolarmente proattivi dal punto di vista della socialità multimediale, ci sono almeno altri tre network che meritano attenzione. Il primo è Twitter, un micro-blog sul quale postare pensieri e opinioni. Il secondo è Asmallworld: un social network molto elitario cui si accede soltanto su invito. Il terzo si chiama Linkedin, ed è un network di professionisti per professionisti.
Un bell’articolo di Dario Di Vico pubblicato di recente sul Corriere della Sera è dedicato proprio a quest’ultimo. A differenza di Facebook (che valorizza l’aspetto ludico e ricreativo) e di Twitter e Asmallworld (che invece impongono criteri molto rigidi sulla forma dei contenuti, oppure limitano il numero di utenti) Linkedin garantisce una discreta flessibilità circa i dati da inserire e impone un solo – anche se importante – vincolo: lo scopo è quello di mettere in relazione tra loro le professionalità. Banditi dunque video e foto, tranne quella del profilo. Ampio spazio invece alle esperienze professionali, alle referenze e, più in generale, al cursus honorum di ciascun iscritto.
L’idea sembra vincente. Ad oggi gli italiani iscritti a Linkedin sono già un milione e il trend è in crescita. Ma, oltre al dato numerico, c’è un aspetto interessante e inedito: gli utenti, una volta entrati in contatto virtualmente, spesso cercano di sviluppare il rapporto al di fuori del network, nella vita reale. Si tratta di un dato in controtendenza rispetto agli altri social network. Questi infatti, sebbene non scoraggino gli utenti a instaurare relazioni reali, nemmeno fanno registrare i numeri di Linkedin, che conta invece su una serie consistente di eventi organizzati proprio con lo scopo di conoscersi e di far fruttare i contatti.
Quanto poi all’utilità dello strumento, le opinioni divergono. Per alcuni è uno strumento indispensabile per cercare lavoro e spendere la propria professionalità. Per altri può diventare uno strumento utile per creare contatti, ma solo a patto di avere una posizione già consolidata. Infine c’è chi lo ritiene un fenomeno come Facebook e aiuta ben poco dal punto di vista professionale.
Credo che in ogni caso sia utile prendere atto di questo sviluppo del social networking, soprattutto se applicato al mondo del lavoro. Si tratta di capire se le aziende recepiranno questo cambiamento e decideranno di affidarvisi, oppure se si creeranno due mercati paralleli: uno tradizionale, basato sui contatti reali, e l’altro virtuale, sviluppato grazie al supporto di Linkedin.