Nel marasma generale dei conflitti dimenticati in Africa e nel mondo, ce n’è uno che merita particolare attenzione. È una guerra che racconta come spesso la comunità internazionale venga meno alle proprie promesse e come a volte i diritti dei popoli e i principi fondanti della democrazia occidentale siano subordinati agli interessi economici.
Stiamo parlando del conflitto del Sahara occidentale. I primi scontri avvengono nel 1975 quando, alla morte di Franco, la Spagna abbandona le colonie sahariane che sono subito occupate dal Marocco, senza tener conto del principio di autodeterminazione dei popoli che avrebbe dovuto guidare la decolonizzazione.
Gli abitanti di questo lembo di deserto si chiamano Sahrawi. Da quella data molti di loro sono tenuti in campi profughi, in mezzo al Sahara algerino. In queste strutture la situazione è chiaramente di estremo disagio: circa 200mila persone sono mantenute in uno stato di totale dipendenza dagli aiuti internazionali, con poche prospettive future, completamente dimenticati dalla diplomazia e dalla società civile occidentale. Tutto ciò avviene con l’assenso delle amicizie politiche di cui il Marocco gode: Francia, Spagna e Stati Uniti.
La Corte internazionale di giustizia si è pronunciata innumerevoli volte a favore di un referendum di autodeterminazione e l’Onu ha creato la Minruso, una missione con lo scopo di organizzare la consultazione. A giudicare dai risultati ottenuti, una delle missioni più inutili che siano mai esistite. Mantenere una situazione di stallo favorisce il più forte e le sue rivendicazioni: il Marocco e le sue pretese territoriali sulla parte di Sahara annessa arbitrariamente. Costringe inoltre i più deboli, i Sahrawi nei campi profughi, a vivere in un limbo senza fine.
Per questa ragione agli anni della guerriglia è seguito un periodo di continui rinvii, di promesse non mantenute e di speranze spezzate. Recentemente le agenzie di stampa hanno diffuso notizia che circa diecimila Sahrawi sono accampati alla periferia di El Aaiun, capitale del Sahara occidentale, per protestare contro «la miseria, le umiliazioni e la repressione perpetuata dal regime marocchino». La fonte dell’informazione è Mohamed Salem Ould Salek, rappresentante del Polisario, l’ala militare del movimento Sahrawi. Questa ha dichiarato: «L’accampamento è circondato dalle autorità marocchine, che stanno facendo di tutto per impedire ai Sahrawi delle altre città occupate di imitare i loro fratelli di El Aaiun». Basterà l’ennesima iniziativa di questo popolo per risvegliare le coscienze della parte di mondo che li ha abbandonati?
Alessandro Mazza