Poco più di un anno fa, per l’esattezza l’8 agosto 2009, entrava in vigore il cosiddetto “pacchetto sicurezza“. Vero e proprio tormentone dell’estate passata – quando ancora le intercettazioni non andavano di moda – il provvedimento legislativo era presentato dal governo come la panacea di tutti i mali. Sotto il capitolo “sicurezza” venivano articolate infatti questioni molto diverse: dall’immigrazione alla criminalità organizzata, dalle ronde ai clochard, dal decoro urbano ai buttafuori delle discoteche.
In un’inchiesta di Popoli, Stefano Femminis prova a capire come stanno andando le cose a un anno dall’applicazione della legge. Lo scenario svelato è a dir poco desolante.
Ad esempio il “reato di clandestinità“, cuore della legge n.94 del 2009, si è rivelato un buco nell’acqua. Secondo il legale dell’Anolf Enzo Cosentino «su 3mila immigrati irregolari fermati, solo il 5% sono stati espulsi, e in un anno si sono celebrati pochissimi processi».
Ancora: secondo Oliviero Forti, della Caritas italiana, il famigerato emendamento sui “medici spia” presentato dalla Lega Nord ha provocato «una drastica diminuzione degli accessi al pronto soccorso e agli ambulatori. Si registra un timore diffuso tra gli immigrati che devono farsi curare».
Le straniere in dolce attesa non se la passano meglio degli irregolari bisognosi di cure mediche. Spiega infatti Karim, operatore dell’ufficio immigrazione delle Acli di Padova, che «quando le donne incinte vanno in questura, spesso viene comunque fatta partire una denuncia per clandestinità; denuncia poi “congelata” per 6 mesi, ma che rimane come una spada di Damocle sulla testa della donna. A quel punto molte preferiscono restare nell’irregolarità». «Negli ultimi mesi – aggiunge la ginecologa Graziella Sacchetti della cooperativa Crinali – notiamo un incremento di aborti spontanei con complicazioni. In realtà non sono affatto aborti spontanei: tutto fa pensare che ci sia una crescita di tentativi di aborti clandestini, soprattutto per via farmacologica. Nessuno può provare che la rinuncia all’aborto legale sia dovuta alla paura di una denuncia, ma il sospetto è forte».
Per non parlare dei Cie (Centri di identificazione ed espulsione): i luoghi in cui devono soggiornare gli irregolari in attesa di essere espulsi. Per consentire lo svolgimento delle pratiche, il pacchetto sicurezza ha esteso a 180 giorni il periodo massimo di detenzione. Il risultato? Scioperi della fame a Milano, tantativi di sfondamento del muro di recinzione a Crotone e diversi tentati suicidi a Bologna, mentre trapelano racconti di pestaggi della polizia da Gradisca (Gorizia).
Ma il vero impatto negativo, forse anche obiettivo primo della legge, è a livello culturale. Con il “pacchetto insicurezza” si dà una svolta ulteriore nell’immaginario collettivo alla rappresentazione dell’immigrato come criminale, si istilla ancor più nell’opinione pubblica la paura del Diverso.
Con queste premesse, una delle possibilità sulla via dell’integrazione sembra venire dalle generazioni più giovani. La speranza è che la xenofobia si sfaldi tra i banchi di scuola, sotto i colpi inferti dall’unica arma davvero efficace contro il pregiudizio: la conoscenza dell’Altro.
Non la pensa così l’assessore Laura Marsilio, in visita alla scuola elementare Carlo Pisacane di Roma. A quasi un anno dal varo del “pacchetto sicurezza”, l’assessore si esprime così: «È sbagliato non considerare stranieri i bambini figli d’immigrati, anche se nati in Italia». Siamo sicuri di aver imparato la lezione?
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