La doppia velocità

Erica Petrillo,

Guarnizione omosessuale tortaIn que­sti mesi esti­vi il Belpaese assi­ste diso­rien­ta­to a uno stil­li­ci­dio di prov­ve­di­men­ti discri­mi­na­to­ri ver­so l’omosessualità.

Partiamo dal caso pado­va­no: l’amministrazione vene­ta, nel vara­re un pia­no per la distri­bu­zio­ne di allog­gi ai gio­va­ni, ren­de noto che la gra­dua­to­ria per l’assegnazione degli appar­ta­men­ti esclu­de­rà le cop­pie com­po­ste da per­so­ne del­lo stes­so ses­so. «Abbiamo volu­to evi­ta­re – dice l’assessore Giovanni Battista – che si crei­no situa­zio­ni di como­do: due estra­nei o qua­si potreb­be­ro divi­der­si un allog­gio a prez­zo poli­ti­co». Ci si chie­de cosa indu­ca a cre­de­re che tali “situa­zio­ni di como­do” si pre­sen­ti­no più di fre­quen­te tra per­so­ne del­lo stes­so sesso.

Ben più gra­ve è ciò che acca­de a Milano: l’ospedale Gaetano Pini dichia­ra di non voler accet­ta­re la dona­zio­ne di san­gue da un dona­to­re gay, pro­prio a cau­sa del­le sue ten­den­ze ses­sua­li. Sul sito inter­net dell’Avis (l’Associazione volon­ta­ri ita­lia­ni san­gue) si leg­ge che sono esclu­si dal­le dona­zio­ni colo­ro che han­no avu­to «rap­por­ti ses­sua­li ad alto rischio di tra­smis­sio­ne di malat­tie infet­ti­ve (occa­sio­na­li, pro­mi­scui)». Peccato che l’uomo in que­stio­ne – dona­to­re da otto anni – dichia­ri di non aver mai fat­to uso di dro­ghe, di non esse­re sie­ro­po­si­ti­vo e di non ave­re com­por­ta­men­ti a rischio per le malat­tie a tra­smis­sio­ne ses­sua­le. Qual è allo­ra il vero discri­mi­ne? Forse il pregiudizio?

Guarnizione lesbo tortaDal Veneto alla Lombardia, la situa­zio­ne sem­bra deci­sa­men­te poco rosea, soprat­tut­to se para­go­na­ta col resto del mon­do occi­den­ta­le. Un’inchiesta di Repubblica met­te infat­ti in luce l’anomalia del caso nostra­no: l’Italia, assie­me alla Grecia, rap­pre­sen­ta «l’unica nazio­ne a non rico­no­sce­re dirit­ti alle cop­pie del­lo stes­so ses­so e rap­pre­sen­ta un’eccezione in Europa e tra i Paesi avan­za­ti» osser­va il pre­si­den­te di Arcigay Paolo Patanè.

Qualche gior­no fa il sin­da­co di Reykjavik si è pre­sen­ta­to al gay pri­de islan­de­se vesti­to da drag queen: 43enne padre di cin­que figli, è inter­ve­nu­to alla mani­fe­sta­zio­ne per l’orgoglio omo­ses­sua­le dicen­do che il sin­da­co era sta­to trat­te­nu­to per impe­gni di lavo­ro e che lei, la drag, lo avreb­be sosti­tui­to. E l’Islanda ha sapu­to ride­re di que­sta battuta.

Un epi­so­dio ana­lo­go in Italia sareb­be impen­sa­bi­le. Le tra­sfor­ma­zio­ni cul­tu­ra­li pro­fon­de neces­si­ta­no sem­pre di tem­pi lun­ghi per radi­car­si: le isti­tu­zio­ni dovreb­be­ro però inter­ve­ni­re da cata­liz­za­to­ri socia­li, pro­di­gan­do­si per accor­cia­re que­ste tem­pi­sti­che e favo­ri­re l’allineamento dell’Italia con gli altri Stati occi­den­ta­li. A giu­di­ca­re da quan­to è acca­du­to negli ulti­mi gior­ni, sem­bra inve­ce che l’Italia sia desti­na­ta a per­cor­re dei bina­ri a velo­ci­tà ridotta.

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