Notizie col burqa

Marta Manzoni,

Censura«In Arabia Saudita, dove sono nato e vis­su­to fino a tre anni fa, la sepa­ra­zio­ne tra uomo e don­na è mol­to rigi­da. Non è con­sen­ti­to par­la­re alle don­ne in pub­bli­co, così ragaz­zi e ragaz­ze usa­no i social net­work per comu­ni­ca­re tra loro. Ci sono mol­tis­si­me don­ne che han­no un account Facebook, ma la mag­gior par­te di loro lo usa per cono­sce­re uomini».

A par­la­re è Ali Jabbar, foto­gra­fo e col­la­bo­ra­to­re del­la tele­vi­sio­ne Al-Arabyia di Dubai. Come mai ha scel­to di anda­re via dall’Arabia Saudita?
«Perché nel mio Paese ci sono del­le limi­ta­zio­ni tec­ni­che per i media e non avrei potu­to svol­ge­re il mio lavo­ro. Tutti i cana­li tele­vi­si­vi e i gior­na­li sono in mano al gover­no. Accendendo Chanel One (prin­ci­pa­le cana­le tele­vi­si­vo) puoi pas­sa­re ore a vede­re noti­zie for­ma­li sul governo».

Internet e Facebook sono cen­su­ra­ti in Arabia Saudita?
«Sì, c’è un for­te con­trol­lo. Un sito può esse­re bloc­ca­to per tre moti­vi: per ragio­ni poli­ti­che, se con­tie­ne por­no­gra­fia e ovvia­men­te se è con­tro la reli­gio­ne islamica».

Chi è che controlla?
«Il King Abdul Aziz City for Science and Technology o KACST, che gesti­sce tut­to il traf­fi­co inter­na­zio­na­le e ha un siste­ma auto­ma­ti­co di cen­su­ra dei siti. Anche il sin­go­lo cit­ta­di­no è for­te­men­te inco­rag­gia­to a segna­la­re le pagi­ne web che pen­sa deb­ba­no esse­re proi­bi­te, tra­mi­te un’ email. Infine c’è anche la pos­si­bi­li­tà di indi­ca­re i siti che pen­si dovreb­be­ro rima­ne­re aper­ti. In que­sto caso però devi anche spie­ga­re il per­ché. Personalmente ho pro­va­to più vol­te a evi­den­zia­re pagi­ne che non dovreb­be­ro esse­re cen­su­ra­ti, ma non ho mai rice­vu­to una risposta».

Lei ha un blog o uti­liz­za twitter?
«Avevo ini­zia­to un’attività da blog­ger, ma ho deci­so di smet­te­re. Ci sono per­so­ne che han­no blog in Arabia Saudita, ma per­so­nal­men­te non ne cono­sco nean­che uno che trat­ti di poli­ti­ca. Bisogna anche sot­to­li­nea­re che l’uso dei social net­work è mol­to recen­te, la mag­gior par­te di ragaz­zi e ragaz­ze han­no aper­to un account Facebook duran­te lo scor­so anno».

Se fai un sito con­tro l’Islam cosa ti succede?
«Che vai in pri­gio­ne per alme­no due o tre anni. Questo per­ché su inter­net il con­trol­lo è meno rigi­do e le puni­zio­ni sono meno gra­vi. Ma se faces­si la stes­sa cosa in tele­vi­sio­ne rischie­re­sti dav­ve­ro tanto».

Che cosa pen­sa di Al-Jazeera?
«Ci sono due Al-Jazeera: quel­la ori­gi­na­le, in ara­bo, e Al-Jazeera International, in ingle­se, che è quel­la che voi guar­da­te. Tra di loro sono mol­to diver­se. Nell’agenda dell’Al-Jazeera ori­gi­na­le è ben­vo­lu­ta qual­sia­si noti­zia con­tro gli Usa, men­tre Al-Jazeera International è più obiet­ti­va. Al-Jazeera International tra­smet­te una nostra visio­ne del mon­do, sia­mo noi a rac­con­ta­re la nostra real­tà. È diver­so da quan­do era­no gior­na­li­sti occi­den­ta­li a veni­re nel Medio Oriente a dire cosa ne pen­sa­va­no. Al Jazeera ha rot­to il mono­po­lio occi­den­ta­le dei mass media».

La situa­zio­ne dei media in Medio Oriente ora è miglio­ra­ta rispet­to al passato?
«È miglio­ra­ta ma c’è anco­ra tan­ta stra­da da fare. In tut­to il Medio Oriente ci sono solo due tele­vi­sio­ni che tra­smet­to­no news: Al-Jazeera e Al-Arabiya. Le altre noti­zie su gior­na­li e tele­vi­sio­ni sono solo entertainment».

Lei come spie­ga che nei mass media occi­den­ta­li si par­li rara­men­te del­la cen­su­ra in Arabia Saudita?
«Grazie al petro­lio l’Arabia Saudita è una gran­de poten­za eco­no­mi­ca e ha un ampio pote­re. Abbiamo il petro­lio e i sol­di, per que­sto si dimen­ti­ca­no sem­pre di dire che non c’è liber­tà di stam­pa e di espressione».

La con­di­zio­ne del­le don­ne sta migliorando?
«È miglio­re rispet­to a quel­lo che un occi­den­ta­le può pen­sa­re, ma è anco­ra mol­to dif­fi­ci­le. In Arabia Saudita c’è una poli­zia reli­gio­sa, si chia­ma Commitee for the Promotion of Virtue and Prevention of Vice (Comitato per la svi­lup­po del­la vir­tù e la pre­ven­zio­ne del vizio) o Mutawa’een, e ha un pote­re asso­lu­to. Se sei in stra­da o in un bar con tua moglie ti pos­so­no fer­ma­re dove voglio­no loro e chie­der­ti chi è la don­na al tuo fian­co. Tu devi mostrar­gli i docu­men­ti e se quel­la non è tua moglie ma solo un’amica allo­ra sei in guai mol­to seri. Ricordo che in Arabia Saudita c’è la pena di mor­te anche per rea­ti come l’adulterio, la stre­go­ne­ria e l’omosessualità».

Gli uomi­ni non cer­ca­no un approc­cio più occi­den­ta­le con donne?
«Certo! Io per pri­mo lo fac­cio. Credo sia nor­ma­le cono­sce­re la pro­pria com­pa­gna pri­ma di spo­sar­la, tra­scor­re­re del tem­po assie­me a lei, sape­re chi è. Le cose stia­no cam­bian­do in que­sto sen­so. Ci sono per­so­ne che voglio­no il cam­bia­men­to, ma ci sono anco­ra mol­ti che si oppon­go­no a que­sta trasformazione».

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