Prova di forza

Edoardo Iacono,

Emergency manetteMeno male che il pre­si­den­te afgha­no Karzai si è espres­so con ammi­ra­zio­ne per il lavo­ro svol­to da Emergency! Se aves­se mani­fe­sta­to astio e dif­fi­den­za pro­ba­bil­men­te i tre ope­ra­to­ri ita­lia­ni non avreb­be­ro più fat­to ritor­no. La vicen­da ha desta­to nei gior­ni scor­si non poco cla­mo­re: com’è pos­si­bi­le che una Ong come Emergency dete­nes­se del­le armi in ospe­da­le con lo sco­po di ordi­re un atten­ta­to con­tro il gover­na­to­re del­la pro­vin­cia di Helmand? Considerando l’encomiabile atti­vi­tà di assi­sten­za medi­ca e uma­ni­ta­ria svol­ta dall’Associazione di Gino Strada, tali accu­se appa­io­no deci­sa­men­te irrealistiche.

Meglio con­ce­der­si il bene­fi­cio del dub­bio avrà pen­sa­to il mini­stro Frattini che si è subi­to pre­oc­cu­pa­to del­la pos­si­bi­le ver­go­gna per l’immagine ita­lia­na. Anche il pre­si­den­te del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, non ha per­so tem­po a trac­cia­re le distan­ze tra il gover­no ita­lia­no e l’operato di Emergency: «il gover­no deve tute­la­re la repu­ta­zio­ne dell’Italia (…) chi doves­se vigi­la­re poco crea un gra­vis­si­mo dan­no». Giusto, pri­ma vie­ne l’onore del pro­prio pae­se poi l’incolumità dei tre medi­ci ita­lia­ni che han­no atte­so otto gior­ni pri­ma di esse­re scar­ce­ra­ti. Giorni di ten­sio­ni e pre­oc­cu­pa­zio­ni che si sono insi­nua­te nel cuo­re degli ita­lia­ni insie­me all’ipotesi del com­plot­to. Una ritor­sio­ne con­tro Emergency che avreb­be ori­gi­ni lon­ta­ne. Il sospet­to del­le auto­ri­tà afgha­ne rica­de su Marco Garatti che nel 2007 avreb­be con­tri­bui­to alla cat­tu­ra del gior­na­li­sta Daniele Mastrogiacomo da par­te dei tale­ba­ni. Le male­lin­gue sosten­go­no che il volon­ta­rio ita­lia­no avreb­be appro­fit­ta­to del­la sua posi­zio­ne di media­to­re per poter­si inta­sca­re una par­te del riscat­to, pari a 500mila dollari.

Pensando alla per­so­na­li­tà trat­teg­gia­ta nel­la let­te­ra invia­ta al Corriere dal­la nipo­te Francesca Garatti, pare dif­fi­ci­le cre­de­re a simi­li illa­zio­ni. Il ritrat­to che ne emer­ge è quel­lo di una per­so­na che al desi­de­rio di car­rie­ra ha ante­po­sto quel­lo di poter met­te­re la pro­pria pro­fes­sio­na­li­tà al ser­vi­zio di per­so­ne svan­tag­gia­te. Mettendo spes­so a repen­ta­glio la sua vita, rac­con­ta Francesca, «ha fat­to l’unica cosa che era in gra­do di fare: sal­va­re vite uma­ne». Forse però non è nem­me­no que­sta la chia­ve di let­tu­ra dell’intera vicen­da. Gino Strada ha sem­pre soste­nu­to che il moti­vo del bli­tz da par­te del­le for­ze di sicu­rez­za afgha­ne e di coa­li­zio­ne risie­des­se nel­la natu­ra dell’attività che Emergency svol­ge: acco­glie­re e cura­re chiun­que abbia biso­gno. Nell’ospedale non si fan­no discri­mi­na­zio­ni tra tale­ba­ni o poli­ziot­ti feri­ti in com­bat­ti­men­to. È per que­sto moti­vo che sia­mo «testi­mo­ni sco­mo­di» sostie­ne il fon­da­to­re di Emergency.

Lunedì 12 apri­le, due gior­ni dopo l’arresto, i media afgha­ni affer­ma­no l’avvenuta “con­fes­sio­ne del com­plot­to” da par­te dei tre ita­lia­ni. Il fat­to è sta­to poi com­ple­ta­men­te abban­do­na­to dai quo­ti­dia­ni e ciò ha con­tri­bui­to a raf­for­za­re l’alone di miste­ro che tutt’ora avvol­ge l’intera vicen­da. Certo, ciò che con­ta è che Emergency ne sia usci­ta a testa alta sen­za respon­sa­bi­li­tà né col­pe, ma soprat­tut­to che i tre ita­lia­ni sia­no sta­ti scar­ce­ra­ti e rim­pa­tria­ti. Una vit­to­ria otte­nu­ta, secon­do il pre­si­den­te Napolitano, gra­zie “all’accortezza e alla fer­mez­za” del gover­no ita­lia­no. Ma a che prez­zo? La chiu­su­ra dell’ospedale è sta­ta la con­tro­par­ti­ta che l’Italia ed Emergency han­no dovu­to accet­ta­re per poter ria­ve­re indie­tro i tre ope­ra­to­ri. Tanto basta a con­fer­ma­re come la per­qui­si­zio­ne ordi­ta dal­la poli­zia afgha­na fos­se solo un pre­te­sto per tene­re sot­to pres­sio­ne l’organizzazione di Strada. Resta anco­ra da chia­ri­re come le armi sia­no fini­te den­tro l’ospedale.

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