Ventiquattro miliardi di euro. Lì, fermi al sole, e nessuno li toccava. Tra il 2002 e il 2009 gli stipendi dei dipendenti pubblici sono cresciuti del 25%, mentre il PIL è rimasto lo stesso. Ora gli aumenti vengono bloccati. I salari tagliati del 5% oltre i 90 mila e del 10% oltre i 130 mila euro. In mezzo c’è anche un condono edilizio (se lo chiamiamo con il suo nome) e una stretta sull’evasione.
Non racconterò nei dettagli come vengono distribuiti tutti i tagli previsti dalla manovra di Tremonti (chi è interessato, può leggere questo riassunto). Proviamo però a farci le domande giuste. Primo: è necessario? Secondo: è sufficiente? Terzo: perché adesso? Quarto: perché così?
Primo: è necessario? Sì. L’Italia costa troppo. Spesso si sente dire che bisognerebbe tagliare gli sprechi, ma l’unico modo concreto per farlo è togliere i soldi a chi li spreca. Da almeno trent’anni, intere generazioni di dipendenti pubblici beneficiano di protezioni non solo ingiustificate, ma impensabili per chiunque fosse impiegato nel settore privato. E negli anni di crisi ne hanno beneficiato ancora di più.
Secondo: è sufficiente? No. Sono rimaste intatte le 110 costosissime province di cui si parla da un secolo: abolirle per decreto sarebbe stata un’ottima mossa. Bisognerebbe portare a zero anche i fondi del Miur per i progetti di ricerca di interesse nazionale (i soldi degli operai che vanno negli aperitivi offerti dalle università) e i finanziamenti pubblici all’editoria. Chi riesce a vendere stampa, chi non riesce va su internet. La Spagna ha tagliato il doppio e ha un debito che è la metà del nostro. Tutta la spesa che aveva da tagliare era di tipo congiunturale, non soprammobili dell’anteguerra. Si può poi discutere se sarebbe utile aumentare le aliquote sulle fasce alte di IRPEF (in stile Padoa-Schioppa). Di certo si può rimettere l’ICI su alcune case. L’ICI non crea distorsioni, assicura gettito e finisce nelle tasche di chi ha meno incentivi a sprecarlo.
Terzo: perché adesso? Per tre motivi. (1) La Grecia è andata sotto e i mercati si domandano giustamente se per caso qualcun altro non farà la stessa fine. Se un Paese come l’Italia non aggiusta i conti subito, i mercati gli chiedono di pagare il doppio degli interessi, e provare a farlo allungando la scadenza del debito sarebbe da pazzi. (2) Questo ragionamento è valido per tutti i Paesi simili al nostro, quindi tutti aggiustano. Se non aggiusti anche tu i mercati ti beccano subito: finire come la Grecia è semplicissimo. (3) Tutto questo andava fatto vent’anni fa e nessuno ci è mai riuscito. Per molti il motivo è chiarissimo: nessuno l’ha fatto per paura di perdere le elezioni. Per me il motivo rimane un mistero: le elezioni le hanno perse comunque. Chi era al governo perdeva. Tradotto: spendevamo un sacco di soldi per farli vincere, e neanche ci riuscivamo.
Quarto: perché così? Perché le categorie colpite non appartengono di norma al bacino elettorale del centrodestra. Chi oggi è al governo sa che in media un impiegato statale non lo vota neanche se gli regala una Ferrari. Se invece alza di due punti l’aliquota a un medio imprenditore veneto, è quasi certo di aver perso il suo voto. Poiché questo governo ha un controllo solido su tutti i dicasteri a cui toglie, può farlo senza particolari rumori. L’avesse fatto Prodi, tre quarti dei suoi ministri avrebbero occupato il Colosseo, e tanti saluti.
Morale: non sarà una manovra perfetta ma, data la situazione, meglio che niente.
Ruben Gaetani
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