Uno spot televisivo, migliaia di volantini informativi, pubblicità sui social network e sui maggiori quotidiani nazionali. Questi gli strumenti della campagna promossa dal ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna che, con lo slogan “Rifiuta l’omofobia, non essere tu quello diverso” e un investimento di due milioni di euro, si propone di contrastare le discriminazioni sessuali in Italia. Il valore simbolico di questa iniziativa è davvero rilevante. Si tratta infatti della prima campagna contro l’omofobia organizzata da un governo in Italia e non a caso avviene a poco meno di un mese dalla bocciatura della proposta di legge Concia.
Insomma, sembra che un mattone del muro del pregiudizio sia stato finalmente abbattuto. Ma fino a che punto? La frase che campeggia su tutti gli opuscoli recita pressappoco così: “Nella vita certe differenze non possono contare”.
Al contrario le caratteristiche individuali contano eccome. Imparare la cultura delle differenze non significa livellare le peculiarità. Istituire una campagna per insegnare il rispetto dell’Altro, sia esso bianco o nero, giovane o vecchio, etero, omo o transessuale è formalmente ineccepibile. Se tuttavia, a livello dei contenuti, la lotta all’omofobia cerca di cancellare le differenze, allora si veicola un messaggio sbagliato.
Il rispetto per un omosessuale non si raggiunge negando le sue abitudini sessuali. Perchè, sembra dire il volantino, cosa accade sotto le lenzuola “è una differenza che non conta”, su cui si può sorvolare. Per cui ci si può “tappare il naso”.
Al contrario, condizione indispensabile per un’effettiva comprensione dell’Altro è la piena accettazione e la valorizzazione delle rispettive peculiarità. Questo risultato non si ottiene giocando a fare “quelli meno diversi”.