«Da lui non mi sento rappresentato. È un comunista che è stato eletto con una vistosa forzatura delle buone regole del Parlamento». Così il sindaco di Verona Flavio Tosi giustificava il clamoroso gesto di togliere la foto di Napolitano dal suo ufficio. Al suo posto la foto di Pertini, presidente con cui si sentiva più in sintonia. Era giugno 2007: la decisione suscitava scalpore nel panorama politico veronese e non solo, tanto che finì sulle colonne del Corriere. Gli schieramenti politici si dissociarono da quel gesto, irrispettoso delle istituzioni. Le parole dello “sceriffo veronese” non solo sono prive di cortesia istituzionale, ma stonano rispetto all’atteggiamento concreto del capo dello Stato. Fin dall’inizio del suo mandato Napolitano non mai ha risparmiato critiche a nessuno nel tentativo di richiamare a un clima di dialogo e di riforme condivise.
Proprio questo episodio increscioso della politica veronese mi è tornato in mente leggendo sui giornali le recenti dichiarazioni del presidente della Repubblica. Le parole dell’ex militante del Pci sono rivolte da una parte alla magistratura, invitata a limitarsi alle proprie funzioni giuridiche, dall’altra al governo che dovrebbe rispettare le istituzioni che rappresenta. Napolitano dimostra ancora una volta la sua terzietà, riconoscendo inoltre la centralità del Parlamento e quindi del voto popolare nella vita politica italiana. Il significato di queste esternazioni, volte a richiamare ciascuno al proprio ruolo, vede d’accordo maggioranza e opposizione (mostrando peraltro la miopia e i pregiudizi ingiustificati del primo cittadino veneto). Ai nostri tempi è necessario lasciare da parte le ideologie e guardare ai fatti con atteggiamento costruttivo. Alimentare polemiche viceversa è tipico dell’attuale scenario politico e deleterio per il Paese.