Riguardo alla recente sentenza della Corte costituzionale in merito al lodo Alfano saranno scritte molte pagine sui periodici nazionali e le polemiche si trascineranno per diversi giorni. Nella baraonda di queste prime ore, mi viene spontaneo fare un passo indietro e riflettere su quanto accaduto. Oggi è un giorno molto importante per l’Italia, perché si conferma la validità di un ideale alla base di ogni Stato di diritto. «Tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge», art. 3 della Costituzione. Punto. Se le cose fossero andate diversamente si sarebbe messo in discussione un principio sacro intorno a cui ruota la giustizia, un valore per cui molte persone hanno dato la vita nel corso della storia e per cui ancora si lotta in alcune parti del mondo.
Attenzione, le mie parole non hanno alcun colore partitico. Non sto dicendo da che parte stiano i buoni e chi sono i cattivi; vorrei fare un ragionamento più ampio, per il resto ciascuno faccia le proprie valutazioni. Volendo sviscerare il problema, consideriamo per un secondo anche l’ipotesi che in un momento storico possano esistere dei giudici di parte e che questi si organizzino con l’obiettivo illegittimo di perseguitare un gruppo di potere. Il modo più corretto di risolvere il problema non consisterebbe nel sollevare le persone perseguitate dal rispetto della legge. Sarebbe doveroso invece prendere provvedimenti nei confronti dei giudici scorretti, dopo aver dimostrato nei fatti che il loro comportamento è tale.
Tutto questo è già previsto all’interno del nostro ordinamento. Tramite il Consiglio superiore della magistratura, che non è un distaccamento ex-sovietico di sinistra sovversiva, ma un serio organismo indipendente di controllo. Le dichiarazioni rilasciate da entrambi gli schieramenti prima e dopo la sentenza la dicono lunga invece sullo stato in cui versa la nostra classe politica.
Bossi ha minacciato la «rivoluzione dei Galli». Ghedini e Pecorella hanno parlato di «primus super pares», dicendo che «la legge è uguale per tutti ma non sempre lo è la sua applicazione» (ci rendiamo conto?), sostenendo che uno strumento come il lodo Alfano è «presente in quasi tutti i Paesi d’Europa». Berlusconi ha dichiarato di «avere il supporto del 70% degli italiani» (alle ultime elezioni politiche erano circa il 47% – ndr), aggiungendo che «il 72% della stampa italiana è di sinistra» (ma come, “Panorama” e “Il Giornale” sono di sua diretta proprietà, “Libero”, “Il Messaggero”, “La Stampa” e “Avvenire” non li definirei degli avamposti comunisti, oltre al “Sole 24 Ore” e al “Corriere della sera”). Di Pietro invece ha chiesto le dimissioni immediate del premier (non si capisce in base a quale principio, dato che è stato democraticamente eletto e qualunque cittadino finché non ha una sentenza passata in giudicato, secondo la legge, è da considerarsi giustamente innocente).
Forse sarebbe meglio abbassare tutti un attimo il tono della voce, pensando meglio a ciò che si ha da dire. Intanto oggi è un giorno da festeggiare perché certi ideali sono ancora lì al loro posto. A prescindere dalla parte politica a cui si appartiene.