Tre anni fa, un 7 ottobre come questo, veniva uccisa Anna Politovskaja. Ancora oggi non si sa chi siano stati i mandanti di quell’omicidio. Qualche giorno fa invece, nella nostra piccola Italia, un giornalista di nome Sandro Ruotolo veniva minacciato di morte, rendendo di fatto vuota qualsiasi manifestazione di piazza per la libertà di stampa. Per chi non lo conoscesse, Ruotolo collabora con Santoro da anni, e sta lavorando anche ad Annozero. Si dirà che le due cose non c’entrano nulla, che la Russia e l’Italia sono ben diverse, che chi le volesse accomunare ricordando una mano che mima una pistola fa dietrologie. D’accordo.
Voglio solo prendere spunto da due episodi uniti da una coincidenza, forse, e riflettere. Riflettere sul fatto che delegittimare il lavoro di chi fa informazione, significa esporre i giornalisti a dei rischi troppo elevati, anche se decidono di continuare per vocazione. Un Paese dove chi pubblica delle notizie è un farabutto, è un Paese dove chi si sente minacciato da un’inchiesta giornalistica può cavarsela rigirando la frittata. O perché no, eliminando il problema alla radice.
Bisogna dare più spazio e risorse a chi fa informazione da tanto tempo, e bene, ma spesso in solitudine. Su queste pagine, per quanto possibile, ci proveremo. Concludo facendo da megafono a uno scrittore che nel ruolo scomodo di giornalista ci si è ritrovato quasi suo malgrado: per chi legge da Milano e dintorni, Roberto Saviano è in scena al Piccolo Teatro Strehler. Andarci è una risposta a chi lo vorrebbe morto.
Ludovica Gazzè