Perché la Corte ha detto no

Marco Fasola,

Corte costituzionale«La leg­ge è ugua­le per tut­ti, ma può non esser­lo la sua appli­ca­zio­ne» ha soste­nu­to l’avvocato Ghedini nel ten­ta­ti­vo di difen­de­re il lodo Alfano dal­la boc­cia­tu­ra del­la Corte costi­tu­zio­na­le. Queste paro­le han­no atti­ra­to l’ironia del­la stam­pa stra­nie­ra: «una dife­sa da Fattoria degli ani­ma­li» tito­la­va il Times, con un evi­den­te rife­ri­men­to a quel­la mas­si­ma per cui tut­ti gli ani­ma­li sono egua­li, ma alcu­ni sono più egua­li degli altri. L’avvocato Ghedini però, che di que­stio­ni giu­ri­di­che se ne inten­de, non par­la­va a spro­po­si­to. Da sem­pre la Corte inter­pre­ta l’art. 3 del­la Costituzione (il prin­ci­pio dell’eguaglianza di fron­te alla leg­ge) nel sen­so che situa­zio­ni ugua­li devo­no esse­re trat­ta­te in modo ugua­le, situa­zio­ni diver­se in modo diver­so. I tito­la­ri del­le quat­tro alte cari­che a favo­re del­le qua­li il lodo sospen­de­va i pro­ces­si pena­li indub­bia­men­te si tro­va­no in una posi­zio­ne diver­sa da quel­la di un nor­ma­le cit­ta­di­no e quin­di, alme­no in linea di prin­ci­pio, non è assur­do che ven­ga­no mes­si al ripa­ro dal­le ini­zia­ti­ve giu­di­zia­rie, tute­lan­do in que­sto modo la “sere­ni­tà” del­la loro funzione.

La sal­vez­za del lodo si è gio­ca­ta a col­pi di argo­men­ta­zio­ni tec­ni­co-giu­ri­di­che di fron­te ai quin­di­ci giu­di­ci di Palazzo del­la Consulta, ai qua­li spet­ta il deli­ca­to com­pi­to di garan­ti­re la con­for­mi­tà del­le leg­gi alla Costituzione. A loro è toc­ca­to valu­ta­re se la dispa­ri­tà di trat­ta­men­to dovu­ta alla sospen­sio­ne dei pro­ces­si tro­vas­se o meno un ragio­ne­vo­le fon­da­men­to nell’esigenza di tute­la­re le fun­zio­ni pub­bli­che in que­stio­ne. Per arri­va­re a una deci­sio­ne la Corte ha dovu­to anzi­tut­to fare i con­ti con un pro­prio pre­ce­den­te: la sen­ten­za 24/2004 con la qua­le fu dichia­ra­to ille­git­ti­mo il “padre” del lodo Alfano, il c.d. “lodo Schifani”. Tale deci­sio­ne, di segno nega­ti­vo, cen­su­ra­va il lodo sot­to mol­te­pli­ci pro­fi­li: fra di essi, il sacri­fi­cio di alcu­ni fon­da­men­ta­li dirit­ti costi­tu­zio­na­li (come il dirit­to di dife­sa del­la par­te civi­le, para­liz­za­to da una sospen­sio­ne a tem­po inde­fi­ni­to del pro­ces­so) a fron­te di un inte­res­se cer­ta­men­te “apprez­za­bi­le” – la sere­ni­tà nel­lo svol­gi­men­to del­la fun­zio­ne – ma non tale da pre­va­le­re sugli altri e oppo­sti inte­res­si in gioco.

«Resta assor­bi­to ogni altro pro­fi­lo di ille­git­ti­mi­tà costi­tu­zio­na­le» con­clu­de­va la Corte nel 2004, lascian­do così inten­de­re che ulte­rio­ri moti­vi avreb­be­ro potu­to con­dur­re alla boc­cia­tu­ra del lodo. Nel nuo­vo testo, alcu­ni aggiu­sta­men­ti cer­ca­va­no di cor­reg­ge­re i vizi già rile­va­ti dal­la Corte (ad esem­pio tute­lan­do i dirit­ti del­la par­te civi­le). Ma la que­stio­ne cal­da, que­sta vol­ta, riguar­da­va  la for­ma del prov­ve­di­men­to: si può rite­ne­re suf­fi­cien­te una leg­ge ordi­na­ria, oppu­re è neces­sa­ria una leg­ge costi­tu­zio­na­le? Non è una fac­cen­da buro­cra­ti­ca ma un pun­to cen­tra­le: la leg­ge costi­tu­zio­na­le è vota­ta con mag­gio­ran­ze mol­to ele­va­te, otte­ni­bi­li solo con un con­sen­so poli­ti­co tra­sver­sa­le. Che in que­sto caso man­ca­va. I difen­so­ri del lodo han­no soste­nu­to che la Corte, non affron­tan­do tale que­stio­ne nel­la pre­ce­den­te sen­ten­za, l’avesse impli­ci­ta­men­te già riget­ta­ta. Ma la Corte ha richia­ma­to a una cor­ret­ta let­tu­ra del suo pre­ce­den­te. La leg­ge costi­tu­zio­na­le era neces­sa­ria – e per que­sto il lodo è ille­git­ti­mo – per­ché la sospen­sio­ne dei pro­ces­si costi­tui­sce un’immunità: e tut­te le immu­ni­tà pre­vi­ste per i tito­la­ri di cari­che isti­tu­zio­na­li sono fis­sa­te dal­la Costituzione.

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