Se un uomo col tumore ai polmoni cominciasse a sputare sangue, non ci sorprenderemmo più di tanto. Il sangue c’infastidirebbe un po’, ma non ne saremmo sconvolti: sarebbe soltanto una molestia visiva, estetica.
Ecco perché è difficile scomporsi troppo per i nuovi scandali calcistici. I sintomi critici del calcio sono conosciuti da anni, e conosciuta è anche la diagnosi. Il tumore che ha colpito i polmoni dello sport nazionale ha il colore del sole, è tintinnante e fu definito – qualche secolo fa – lo sterco del demonio. Ma è una patologia anomala. Mentre nessuna persona non affetta da impulsi di masochismo potrebbe desiderare un tumore ai polmoni, solo un masochista o un ipocrita potrebbe non desiderare lo sterco del demonio.
L’anomalia, applicata al nostro caso, è tutta contenuta in un paradosso: il denaro (lo sterco del demonio appunto) è al tempo stesso vita e morte del calcio. È vita, perché grazie ad esso i calciatori diventano personaggi invidiabili, miti, leggende. È morte, perché annienta tutta la carica romantica dell’eroe: i mercenari, infatti, non sono altro che la volgarizzazione del coraggio, l’antitesi dell’eroismo.
Questo “tumore” quindi ha sia valenza positiva sia negativa. Perché dunque all’interno della società la spinta negativa non viene avvertita? Lo stipendio di un calciatore come Ibrahimovic è esponenzialmente maggiore rispetto a quello di un medico o di un insegnante. Non ci permettiamo di discutere questo dato. Prendiamo atto del fatto che un uomo in pantaloncini che corre su un prato inseguendo un pallone goda di tale riconoscimento sociale; esattamente 2777,7 volte più riconosciuto (assumendo che un professore guadagni 1.800 euro). Ottimo. Ma nel momento in cui questo giocatore passa da Juventus a Inter e da Inter a Milan, come potremmo definirlo, se non mercenario? Come può un tifoso del Milan, oggi, invaghirsi di un volgarissimo soldatuccio di professione?
Domande ingenue. La risposta è scontata: «il tifo è una fede, non può essere compreso da chi non lo vive direttamente». È una fede, quindi se Cristiano Doni, capitano dell’Atalanta, viene arrestato per pericolo d’inquinamento delle prove, un tifoso può commentare in modo raffinato ed elegante come l’assessore regionale Daniele Belotti: «Minchiate! Io non volto le spalle al capitano». È una fede, quindi se c’è una banda di criminali che s’interessa alle partite dell’Albinoleffe da Singapore, un tifoso può anche ignorare che se viene comprata una partita, viene comprata un’intera squadra, viene comprato un intero stadio, viene comprata un’intera città, viene comprato un intero sport, viene comprata un’intera tifoseria.
Il carattere fideistico del tifo è il punto di forza maggiore del calcio. Fede e sterco del demonio: angeli e demoni, vita e morte. Ma alla fine chi è che sputa sangue? Il calcio, oppure noi? Ancora non è stato brevettato il vaccino per il tumore, ma, nel caso del calcio, basterebbe un semplice e razionale ateismo.