Una questione d’intelligenza

Marta Manzoni,

Emma BoninoIl 15 mar­zo scor­so è sta­to appro­va­to dal Senato il dise­gno di leg­ge sul­le quo­te rosa, che è ora di nuo­vo alla Camera per la ter­za let­tu­ra. Il ddl pre­ve­de l’introduzione – tra il 2012 e il 2015 – di un quin­to di don­ne nei Cda del­le socie­tà quo­ta­te e di quel­le a par­te­ci­pa­zio­ne pub­bli­ca. Nel secon­do man­da­to, tra il 2015 e il 2018, le pre­sen­ze fem­mi­ni­li nei Consigli di ammi­ni­stra­zio­ne dovran­no rag­giun­ge­re la quo­ta di un ter­zo. L’entrata in vigo­re del­la nor­ma­ti­va è slit­ta­ta a dodi­ci mesi dall’approvazione del­la leg­ge, tra nume­ro­sis­si­me pole­mi­che anche all’interno del­la stes­sa maggioranza.

Siamo sicu­ri che que­sto sia lo stru­men­to miglio­re per risol­le­va­re la situa­zio­ne del­le don­ne ita­lia­ne, agli ulti­mi posti in Europa quan­to a pre­sen­ze nel­le stan­ze dei bot­to­ni? Ne abbia­mo par­la­to con Emma Bonino, segre­ta­ria del Partito Radicale e da sem­pre in pri­ma linea nel­la lot­ta per le pari opportunità.

Proprio nei gior­ni scor­si la Bonino si tro­va­va a New York per la secon­da edi­zio­ne del Women in the world 2011, il con­ve­gno orga­niz­za­to da Tina Brown (diret­tri­ce di The Daily Beast e di Newsweek) che riu­ni­sce a Manhattan le 150 don­ne pro­ta­go­ni­ste del­la sce­na poli­ti­ca, eco­no­mi­ca e uma­ni­ta­ria mondiale.

Lei ha par­te­ci­pa­to al Women in the world 2011 come uni­ca rap­pre­sen­tan­te dell’Italia. Quali sono i pun­ti fon­da­men­ta­li emer­si nel sum­mit?

Quando dimi­nui­sce o addi­rit­tu­ra man­ca la par­te­ci­pa­zio­ne fem­mi­ni­le nei pro­ces­si deci­sio­na­li di una socie­tà, que­sta ine­vi­ta­bil­men­te deca­de fino ad auto­di­strug­ger­si.  Durante l’incontro si è richia­ma­ta l’attenzione sul­la spe­ci­fi­ca situa­zio­ne ita­lia­na: occu­pia­mo il penul­ti­mo posto in Europa in ter­mi­ni di equi­pa­ra­zio­ne di gene­re (l’ultimo è Malta) e di recen­te le don­ne ita­lia­ne sono sce­se in piaz­za in segno di pro­te­sta con­tro i com­por­ta­men­ti quan­to­me­no discu­ti­bi­li del nostro premier.

È vero che la con­di­zio­ne del­le don­ne ita­lia­ne somi­glia a quel­la di Iran, Cambogia e Arabia Saudita?

I dati cui si fa rife­ri­men­to sono quel­li del Gender gap, che misu­ra appun­to la dif­fe­ren­za tra la con­di­zio­ne dei gene­ri sot­to diver­si aspet­ti e ha sen­so solo se si para­go­na­no Paesi allo stes­so livel­lo di svi­lup­po. Per fare un esem­pio: in una nazio­ne in cui l’aspettativa di vita fos­se di 45 anni per le don­ne e di 35 per gli uomi­ni, a cau­sa di guer­re ed epi­de­mie, il gen­der gap sareb­be comun­que miglio­re di quel­lo dell’Italia, dove le don­ne han­no un’aspettativa di vita di più di 80 anni, ma supe­rio­re solo di pochi anni rispet­to ai maschi.

I dati del Belpaese inve­ce sono mol­to pre­oc­cu­pan­ti: sia­mo in coda alla lista del­la mag­gior par­te dei Paesi svi­lup­pa­ti; in par­ti­co­la­re di quel­li euro­pei, con i qua­li com­pe­tia­mo. Ciò signi­fi­ca che non valo­riz­zia­mo metà del capi­ta­le uma­no e intel­let­tua­le disponibile.

Come vie­ne giu­di­ca­ta la situa­zio­ne del­le don­ne ita­lia­ne all’estero?

Le altre euro­pee o le ame­ri­ca­ne sem­pli­ce­men­te non capi­sco­no come mai abbia­mo lascia­to dege­ne­ra­re la situa­zio­ne in que­sto modo, per­ché abbia­mo con­ti­nua­to a vota­re una clas­se poli­ti­ca che non ci ha dota­to di ser­vi­zi ade­gua­ti e che non inter­vie­ne per eli­mi­na­re le con­di­zio­ni che esclu­do­no le don­ne dal­le stan­ze del pote­re, sia poli­ti­co sia economico.

Donna lavora cartelloSono le ita­lia­ne che devo­no com­bat­te­re per i pro­pri dirit­ti o è la men­ta­li­tà che le cir­con­da a esse­re sbagliata?

Le don­ne sono il 50% del­la popo­la­zio­ne e quin­di il 50% del­la “men­ta­li­tà”. Se le sta­ti­sti­che dico­no che i ragaz­zi ita­lia­ni cre­sco­no sen­za aver mai acce­so una lava­tri­ce o rifat­to un let­to, que­sto dipen­de anche dal­le madri.

È altret­tan­to vero che se le don­ne aspi­ra­no ad acqui­si­re una par­te più equa del pote­re, è mol­to otti­mi­sti­co pen­sa­re che qual­cu­no lo ceda loro sen­za lot­ta. Purtroppo poi anche le tan­te don­ne ita­lia­ne che cer­ca­no quo­ti­dia­na­men­te di affer­mar­si nel lavo­ro o in cam­po socia­le, tro­va­no una cul­tu­ra obso­le­ta e tradizionalista.

L’influenza del­la Chiesa sto­ri­ca­men­te non ha aiu­ta­to; a que­sto oggi si è aggiun­ta una raf­fi­gu­ra­zio­ne media­ti­ca che ha aggiun­to allo ste­reo­ti­po del­la madre per­fet­ta quel­lo del­la ragaz­za avve­nen­te che non ha biso­gno di saper fare nul­la e ha mol­to più suc­ces­so di chi cer­ca di affer­mar­si con intel­li­gen­za e com­pe­ten­za. Tutto ciò non aiu­ta l’evoluzione culturale.

Milena Gabanelli è con­tra­ria alle quo­te rosa. Siamo sicu­ri che sia que­sto lo stru­men­to giu­sto, o quel­lo che con­ta sono le capa­ci­tà e il merito?

Credo che in Italia la discri­mi­na­zio­ne ci sia. Siamo un Paese che trop­po spes­so segue logi­che di coop­ta­zio­ne e non di meri­to; ma anch’io non sono con­vin­ta che le quo­te rosa sia­no la solu­zio­ne e temo che non scal­fi­sca­no la pras­si che oggi vige nei Cda. Pur rispet­tan­do il lavo­ro e l’opinione di tan­te com­pa­gne con cui col­la­bo­ro, pre­fe­ri­sco altri stru­men­ti e ini­zia­ti­ve per con­tra­sta­re la discri­mi­na­zio­ne: per esem­pio un’authority come quel­la pro­mos­sa dal­la diret­ti­va euro­pea 54 o la crea­zio­ne di ser­vi­zi che libe­ri­no le ener­gie fem­mi­ni­li, maga­ri uti­liz­zan­do i fon­di deri­van­ti pro­prio dall’equiparazione dell’età pen­sio­na­bi­le del­le donne.

In cosa è diver­sa la gior­na­ta di una don­na ita­lia­na da quel­la di una sve­de­se o norvegese?

Se ha un’occupazione, lavo­ra sem­pli­ce­men­te di più : cir­ca 80 minu­ti in più al gior­no (in Spagna sono 54), per­ché esi­ste anco­ra una sud­di­vi­sio­ne del lavo­ro fami­lia­re trop­po sbilanciata.

Si dice che le don­ne deb­ba­no bada­re ai figli e agli anzia­ni. Questo non è un com­pi­to del­lo Stato?

Credo che dovreb­be esse­re com­pi­to di tut­ti, anche degli uomi­ni; ma in Italia rica­de qua­si esclu­si­va­men­te sul­le spal­le del­le don­ne. Se una per­so­na anzia­na ha solo figli maschi, si ritie­ne natu­ra­le che se ne occu­pi la nuo­ra. A  que­sta men­ta­li­tà si som­ma una pre­sen­za di ser­vi­zi alla ter­za età mol­to infe­rio­re a quel­la degli altri Paesi occidentali.

Cosa cam­bie­reb­be per l’economia ita­lia­na se lavo­ras­se­ro tan­te don­ne quan­ti sono gli uomini?

La sti­ma dice che 100.000 don­ne occu­pa­te val­ga­no un aumen­to del Pil del­lo 0,28. Quindi un Paese come l’Italia, che sten­ta a svi­lup­par­si eco­no­mi­ca­men­te e che nel meri­dio­ne ha un tas­so d’occupazione fem­mi­ni­le al 30%, potreb­be dav­ve­ro rea­liz­za­re una cre­sci­ta straor­di­na­ria. In con­clu­sio­ne: non si trat­ta di un tema nè di destra né di sini­stra… è solo que­stio­ne d’intelligenza.

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