Pare che anche le scimmie abbiano uno spiccato senso della giustizia, o meglio di “avversione all’ingiustizia”.
Così sostiene una ricerca pubblicata sulla rivista britannica New Scientist. L’autore, il primatologo Frans de Waal, si è procurato una coppia di scimmie cappuccine e ha commesso una palese ingiustizia. A entrambe ha dato un sassolino e a entrambe ha proposto uno scambio, prontamente accettato, con una fetta di cetriolo. Poi ha riproposto il baratto, offrendo alla prima scimmia dell’uva (frutto di cui vanno matte), alla seconda invece un altro cetriolo. Per tutta risposta la seconda scimmia gli ha scagliato addosso un sasso e gli ha voltato le spalle, amareggiata e offesa. Fortunatamente il sasso era di piccole dimensioni e l’autore ha potuto fare un secondo esperimento.
Qui l’iniquità è stata ancora più forte. Una femmina di bonobo – una varietà di scimpanzè – è stata colmata di squisitezze davanti agli occhi di numerosi altri esemplari della stessa specie, lasciati a bocca asciutta. La fortunata ha iniziato a trangugiare i suoi doni e l’idea di condividerli con i compagni non l’ha sfiorata. Quando però si è accorta di avere gli occhi del branco puntati addosso, si è fermata e ha fatto intendere allo scienziato che il cibo doveva essere più equamente distribuito. Insomma è stata molto furba: continuando a mangiare gli altri animali l’avrebbero aggredita e costretta a spartire il suo tesoro.
Da qui a sostenere che le idee di eguaglianza e giustizia si basano sulla convenienza personale il passo non è lungo. L’autore si guarda bene dal farlo, ma riporta il grande interesse di filosofi e studiosi sui risultati della sua ricerca. Per quale ragione gli uomini proclamano l’eguaglianza e la giustizia nelle loro Costituzioni, come valori fondanti della società? Alcuni sostengono che si tratti appunto di un calcolo egoista. Con l’equità (o almeno evitando eccessive diseguaglianze) si mantiene la pace, propria e della società: un po’ come nel caso del bonobo dell’esperimento. Il pensiero di Hobbes o l’utilitarismo di Bentham non si discostano molto da queste conclusioni. Nel senso comune la giustizia è l’opposto della legge della giungla, dove il più forte prevarica il più debole. Sembra invece che anche nel contesto naturale più selvaggio del pianeta valga la regola enunciata dal giurista romano Paolo: «vivere onestamente, non nuocere agli altri, dare a ciascuno il suo». Non certo per amore del prossimo, ma per opportunità.