La strada sbagliata

Filippo Caracciolo,

Wrong wayRicerca, inno­va­zio­ne, soste­ni­bi­li­tà ambien­ta­le e cre­sci­ta eco­no­mi­ca. Quattro impor­tan­ti paro­le che costi­tui­sco­no il ful­cro del­le stra­te­gie di gover­no per inve­sti­re nel futu­ro. Termini cer­chia­ti in ros­so nell’agenda di ogni capo di Stato; attor­no ai qua­li l’opinione pub­bli­ca di tut­ti i Paesi con­ti­nua a inter­ro­gar­si, chie­den­do­si se, come e quando.

Proviamo allo­ra a pren­de­re in con­si­de­ra­zio­ne due di que­ste paro­le “spul­cian­do” nel pro­gram­ma del gover­no ita­lia­no. Mettiamolo a con­fron­to con quel­lo degli altri Stati euro­pei per ten­ta­re di capi­re se il nostro Paese può – in que­sta pro­spet­ti­va – con­si­de­rar­si esemplare.

Innovazione
Le diret­ti­ve del­la Commissione Europea pre­scri­vo­no che sia reso pos­si­bi­le a ogni cit­ta­di­no dell’Unione l’accesso ai ser­vi­zi a ban­da lar­ga entro il 2013, alla ban­da lar­ga velo­ce e ultra­ve­lo­ce entro il 2020. Neelie Kroes (com­mis­sa­rio euro­peo per l’agenda digi­ta­le) nel set­tem­bre 2010 affer­ma­va che «la velo­ci­tà del­la ban­da lar­ga è ossi­ge­no per le comu­ni­ca­zio­ne digi­ta­li, essen­zia­le per la pro­spe­ri­tà e il benes­se­re dell’Europa».

Gli ulti­mi dati for­ni­ti da Eurostat sot­to­li­nea­no però il gigan­te­sco ritar­do che l’Italia sta accu­mu­lan­do rispet­to agli altri gran­di Paesi euro­pei in ter­mi­ni di digi­tal divi­de, mostran­do una media infe­rio­re del 10% agli stan­dard euro­pei. La Grecia è l’unico Stato a far peg­gio di noi in ter­mi­ni di nuclei fami­lia­ri con acces­so alla ban­da lar­ga. Solo il 39% del­la popo­la­zio­ne Italiana ha la pos­si­bi­li­tà di usu­fruir­ne, con­tro il 51% del­la Spagna, il 57% del­la Francia, il 65% e il 69% rispet­ti­va­men­te di Germania e Gran Bretagna. Persino il Portogallo ci ha sor­pas­sa­to nel­la graduatoria.

Banda largaIl diva­rio cre­sce se ven­go­no con­fron­ta­ti i ser­vi­zi e-govern­ment, che con­si­sto­no nel pro­ces­so di infor­ma­tiz­za­zio­ne del­la pub­bli­ca ammi­ni­stra­zio­ne. Solo il 15% degli uten­ti ita­lia­ni uti­liz­za il ser­vi­zio e-gov: la metà rispet­to a Gran Bretagna, Francia e Germania (cir­ca il 30%). Ci lascia­mo alle spal­le solo Spagna e Grecia.

Da cosa deri­va­no que­sti ritar­di cul­tu­ra­li e per­ché in Italia Internet non è anco­ra entra­to a fare par­te del­la quo­ti­dia­ni­tà? Maurizio Dècina, pro­fes­so­re ordi­na­rio di reti e comu­ni­ca­zio­ni al Politecnico di Milano, in un’intervista al Sole 24 Ore sostie­ne che «i ritar­di sia­no figli di pro­fon­di pro­ble­mi. Il 50% degli ita­lia­ni è un anal­fa­be­ta infor­ma­ti­co; anche chi sa uti­liz­zar­lo spes­so non lo con­si­de­ra uno stru­men­to uti­le nel­la gestio­ne del­le “cose serie”: quel­le che riguar­da­no i sol­di, il lavo­ro e il rap­por­to con la pub­bli­ca ammi­ni­stra­zio­ne». Dunque le poten­zia­li­tà che Internet offre per il miglio­ra­men­to di mol­ti aspet­ti del vive­re quo­ti­dia­no non sono sta­te anco­ra inte­rio­riz­za­te dagli italiani.

Come si sta atti­van­do la poli­ti­ca per col­ma­re que­sto gra­ve defi­cit? A giu­di­ca­re dal com­por­ta­men­to del mini­ste­ro del­lo Sviluppo eco­no­mi­co, non si direb­be che il tema sia rite­nu­to di pri­ma­ria impor­tan­za. Un’altra spi­no­sa que­stio­ne che riguar­da Internet e il con­ge­stio­na­men­to del­la ban­da lar­ga sono infat­ti i fon­di desti­na­ti dal gover­no ita­lia­no allo svi­lup­po di que­sto fon­da­men­ta­le ser­vi­zio. Nel 2009 il dena­ro stan­zia­to dall’esecutivo ammon­ta­va a 800 milio­ni di euro; nel 2010 sono sta­ti ridot­ti a 100 milio­ni a cau­sa del­le dif­fi­col­tà con­nes­se con la cri­si finan­zia­ria. Come se non bastas­se il neo­mi­ni­stro del­lo Sviluppo eco­no­mi­co Paolo Romani ha accon­sen­ti­to che altri 30 milio­ni di euro venis­se­ro fal­ci­dia­ti da un emen­da­men­to del cosid­det­to “decre­to mil­le­pro­ro­ghe”, pri­vi­le­gian­do inve­ce gli incen­ti­vi per il pas­sag­gio al digi­ta­le terrestre.

Il mes­sag­gio che ne deri­va è sem­pli­ce e niti­do: più tele­vi­sio­ne e meno Internet. Sembra non esse­re sta­to com­pre­so che le poli­ti­che per l’innovazione in que­sto ambi­to sono uno dei prin­ci­pa­li stru­men­ti di cre­sci­ta tra­sver­sa­le in diver­si set­to­ri, dal­la com­pe­ti­ti­vi­tà eco­no­mi­ca per le azien­de, ai van­tag­gi cul­tu­ra­li e socia­li per il sin­go­lo cittadino.

Sostenibilità
Il nostro Paese si sta muo­ven­do ver­so un futu­ro orien­ta­to alla green eco­no­my? Quali sono le stra­te­gie degli altri Paesi europei?

L’Unione Europea ha adot­ta­to una poli­ti­ca in mate­ria di cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci ed ener­ge­ti­ci che fis­sa tra­guar­di ambi­zio­si per il 2020. Gli obiet­ti­vi del pro­get­to Europa 20 20 20 sono prin­ci­pal­men­te tre: ridur­re i gas ser­ra del 20%; dimi­nui­re i con­su­mi ener­ge­ti­ci del 20%; sod­di­sfa­re il 20% del nostro fab­bi­so­gno ener­ge­ti­co median­te ener­gie rinnovabili.

Green economyItalia ed Europa rea­gi­sco­no posi­ti­va­men­te a que­sta sfi­da, uti­liz­zan­do nuo­ve tec­no­lo­gie per pro­dur­re ener­gia rin­no­va­bi­le: nasco­no i pri­mi impian­ti eoli­ci (come quel­lo in Abruzzo, costrui­to nel 2005), quel­li foto­vol­tai­ci, geo­ter­mi­ci, mari­ni e si incre­men­ta­no quel­li idroe­let­tri­ci, già esi­sten­ti in Italia dagli anni Settanta. Tra il 2005 e il 2010 gli impian­ti foto­vol­tai­ci instal­la­ti in Italia sono sta­ti 173 mila, per una pro­du­zio­ne tota­le di 3.853.225 kw (dati for­ni­ti dal Gse, il gesto­re dei ser­vi­zi ener­ge­ti­ci, che si occu­pa del­le incen­ti­va­zio­ni alle ener­gie rinnovabili).

Insomma, un inspe­ra­to svi­lup­po del set­to­re foto­vol­tai­co e un’ottima rispo­sta all’Unione Europea da par­te del­le impre­se e dei cit­ta­di­ni ita­lia­ni. L’Italia ha la for­tu­na – soprat­tut­to in alcu­ne regio­ni del Sud, come Sicilia, Sardegna e Puglia – di esse­re bacia­ta dal sole e acca­rez­za­ta dal ven­to. Come irrag­gia­men­to sola­re in Europa è secon­da solo alla Spagna. Un Paese idea­le per sfrut­ta­re le ener­gie rin­no­va­bi­li e per svi­lup­pa­re un set­to­re che in pochi anni ha gene­ra­to occu­pa­zio­ne, pro­dot­to ener­gia puli­ta e risol­le­va­to l’Italia in alme­no una gra­dua­to­ria. Siamo infat­ti tra gli Stati euro­pei con il mag­gior nume­ro d’impianti di ener­gia rin­no­va­bi­le, secon­di solo alla Germania.

Come non det­to. Il mini­stro Romani ha recen­te­men­te vara­to un decre­to che azze­ra gli incen­ti­vi al foto­vol­tai­co ed eoli­co per gli impian­ti che non entre­ran­no in fun­zio­ne entro il 31 Maggio 2011. In pre­ce­den­za era pre­vi­sto inve­ce che tali incen­ti­vi doves­se­ro regre­di­re pro­gres­si­va­men­te di cir­ca il 6% ogni qua­dri­me­stre fino al 2013. Inoltre se il ter­re­no sul qua­le si vuo­le instal­la­re un impian­to è dichia­ra­to ter­re­no agri­co­lo, potrà esse­re sfrut­ta­to solo per il 10% del­la sua superficie.

Una net­ta pre­sa di posi­zio­ne, anti­ci­pa­ta dal­la deci­sio­ne del­la regio­ne Veneto di non auto­riz­za­re l’installazione di nuo­vi impian­ti foto­vol­tai­ci a ter­ra con poten­za supe­rio­re ai 200 kw. Scelte que­ste che sof­fo­che­ran­no un set­to­re chia­ve come quel­lo del­le rin­no­va­bi­li, con l’obiettivo nean­che trop­po cela­to di favo­ri­re, per con­tro, il nuclea­re. Ironia del­la sor­te, pro­prio nel­lo stes­so momen­to in cui la vicen­da nor­da­fri­ca­na e l’eca­tom­be giap­po­ne­se han­no da una par­te rimar­ca­to le con­se­guen­ze insi­te nel­la dipen­den­za dai Paesi pro­dut­to­ri di petro­lio e dall’altra mes­so il mon­do con gli occhi nudi di fron­te al con­cre­to rischio di distru­zio­ne che la scel­ta nuclea­re può comportare.

Non sareb­be man­ca­to tut­ta­via il modo per rego­la­re gli incen­ti­vi alle rin­no­va­bi­li, impe­den­do al con­tem­po che si creas­se­ro del­le bol­le spe­cu­la­ti­ve ed evi­tan­do gli stop and go del mer­ca­to, che crea­no incer­tez­za e diso­rien­ta­no gli ope­ra­to­ri. Sarebbe basta­to imi­ta­re la Germania dove – gra­zie ad un siste­ma di incen­ti­vi a modu­la­zio­ne tem­po­ra­le, che si adat­ta­no dina­mi­ca­men­te alla “tem­pe­ra­tu­ra” del mer­ca­to – si limi­ta l’aggravio aggiun­ti­vo sul­le bol­let­te del­le fami­glie a soli 2 euro mensili.

Ricerca, inno­va­zio­ne, soste­ni­bi­li­tà e cre­sci­ta eco­no­mi­ca: un Paese in con­tro­ten­den­za mondiale.

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