C’era una volta un bastimento carico carico di… container. Questa nave tutta rossa incrociava al largo dell’Egitto, diretta da Genova al porto di Alessandria. In una notte di metà dicembre il capitano della nave, per scelta o per errore, decide di infilarsi in una tempesta con vento fortissimo, giusto a pochi chilometri dalla costa egiziana.
Il bastimento di questa favola – perché di una favola stiamo parlando – beccheggia, viene sballottato dalle onde, urta degli scogli, si inclina e imbarca acqua. I 21 marinai a bordo della nave lottano per stabilizzarla, ma alla fine cadono in mare i container che ne ingombravano la tolda. Probabilmente tenere impilati tutti quei container sul ponte metteva a rischio le manovre: ecco perché i pesanti contenitori sono sganciati e finiscono nelle profonde acque del Mediterraneo orientale, a far compagnia ai pesci. Probabilmente.
L’armatore, dall’Italia, dice che nonostante gli scatoloni rossi contengano vernici, pitture, resina, inchiostro da stampa, pneumatici pressurizzati, alcol, pitture speciali, liquidi infiammabili, sostanze chimiche, chimici farmaceutici, liquido corrosivo e lacca, non c’è nessun rischio di un disastro ecologico. Ma dall’Egitto il recupero della nave procede a rilento: gli egiziani fanno orecchie da mercante e non si fidano, vogliono lasciare la nave a cavarsela col suo carico, almeno finchè il recupero non è agevole. Forse sanno già la trama di questa favola, simile a tante già sentite nei porti di tutta Europa.
E infatti, come da copione, quando un rimorchiatore arriva nelle acque tempestose in soccorso della nave, sul ponte non è rimasto nessun container rosso. L’unico carico che resta sono i lussuosi Suv contenuti nella sua pancia rossa, squarciata dall’urto con una secca (ben evidente sulle carte nautiche, come ben evidente sui monitor era la tempesta di pochi giorni prima).
Gli egiziani acconsentono a far trainare il nostro bastimento all’ingresso del porto, ma non a farlo attraccare. Forse vogliono verificare che non sia rimasto nulla dei contenitori rossi che erano sul ponte; o forse dalle macchine lussuose ancora nella stiva si può trarre qualche cosa da rivendere nei mercati di Alessandria. Alla fine, contro ogni aspettativa, la nave affonda proprio davanti al porto, a pochi metri dalla salvezza, senza nessuno a piangerne l’inabissamento. I 21 uomini dell’equipaggio – tutti in salvo – tornano in Italia senza porsi troppe domande.
Sarebbe interessante scoprire chi aveva messo i container su quella nave e cosa contenessero in realtà… Come molte altre navi prima di lei, forse quel bastimento rosso del 1977 non doveva arrivare ad Alessandria d’Egitto, ma piuttosto finire la sua corsa nelle fredde acque egiziane, senza lasciare traccia, insieme al suo carico. Pazienza per la nave: l’assicurazione pagherà per la perdita e nessuno si prenderà la briga di fare domande.
Come nessuna domanda verrà posta alle industrie che preferiscono affondare i loro rifiuti in mare, affidandosi alle mafie, piuttosto che rispettare i regolamenti e pagare 5 o 10 volte in più. D’altronde ora la nave è scomparsa sotto il mare e i giornali non ne parlano più. Di quel bastimento, in fondo, è meglio scordarsene in fretta. Favole come queste si sentono spesso, nei racconti dei marinai.
Forse il bastimento rosso non trasportava quello che era dichiarato sulle carte di trasporto e forse chi aveva organizzato il trasporto non stava dalla parte “dei buoni”, in questa favola. Perché questa è una favola… o no?