Per gli appassionati del football il suo nome è leggenda: Eric Cantona. I suoi goal erano strepitosi, le sue giocate magiche, i suoi numeri sensazionali. Il ragazzo di Marsiglia però è rimasto negli annali del calcio soprattutto per altro: le risse, le dichiarazioni accese, i litigi con i compagni, con gli allenatori, con i dirigenti.
I calciofili sicuramente ricordano il colpo da Kung-fu sferrato a un supporter del Crystal Palace, reo di averlo insultato, che gli costò ben nove mesi di squalifica dai campi da gioco. Eric non è un calciatore comune: a soli trent’anni appende gli scarpini al chiodo, inizia una nuova vita. Si dedica alla pittura, alla musica e soprattutto al cinema; è regista e attore, anche con maestri del calibro di Ken Loach. La sua è un’esistenza fatta di provocazioni, è una vita contro.
Qualcuno lo chiama addirittura “capopopolo”, definizione che probabilmente gli calza a pennello, stando alla sua ultima trovata. Intervistato dalla televisione francese, Eric afferma: «la rivoluzione oggi è molto semplice da fare: il sistema gira intorno alle banche, si fonda sul potere delle banche; quindi deve essere distrutto partendo proprio da queste. I tre milioni di persone che sono in strada a manifestare (contro la riforma delle pensioni in Francia, ndr) ritirano tutti i loro soldi dalle banche e queste crollano. Così sì c’è una vera minaccia. In banca: ecco come si fa oggi la rivoluzione. Anziché manifestare in strada, si va alla banca, si ritirano tutti i soldi e il sistema crolla. Nessun’arma, niente sangue, nulla del genere. Non è difficile. Allora sì che saremo ascoltati».
Bank run: di questo parla l’ex calciatore. È un fenomeno avvenuto spesso nella storia del ‘900: i cittadini, per paura che la banca non potesse restituire i prestiti, l’hanno presa d’assalto e ne hanno causato il fallimento. Gli istituti bancari infatti non hanno a disposizione tutto il denaro che incassano dai depositi: per legge sono obbligati a trattenere solamente il 2%, la cosiddetta riserva obbligatoria; il resto lo possono impiegare in prestiti, operazioni finanziarie o come meglio credono. Se tutti i correntisti si recano alla banca e chiedono di ritirare i propri soldi mettono in crisi la banca, che non può rispondere a tutte le richieste. Fenomeni di questo tipo sono avvenuti varie volte: solo negli ultimi 10 anni si sono verificati cinque casi (il più famoso quello che ha coinvolto l’inglese Northern Rock).
Solitamente il bank run è un fenomeno involontario, causato dal panico dei risparmiatori. Questa volta no, Cantona l’ha trasformato in un’iniziativa di protesta potenzialmente rivoluzionaria: l’ha annunciato pubblicamente, ne è diventato il portabandiera e ha reclutato vari collaboratori per poter realizzare “la corsa alla banca”. È stato aperto il sito www.bankrun2010.com (tradotto in sette lingue), sono stati creati decine di gruppi Facebook, sono stati contattati i mass-media di tutto il mondo per pubblicizzare l’iniziativa.
Le reazioni ovviamente sono state le più contrastanti: entusiasti, scettici, indifferenti, contrari. Cantona ha avuto l’appoggio di vari gruppi di consumatori che lottano per un sistema bancario più equo e solidale; ma è stato anche bersaglio delle accese critiche di economisti e leader politici. Per esempio Jean-Claude Junker, presidente dell’Eurogruppo, ha definito l’appello dell’ex calciatore «irresponsabile in un momento di difficoltà economica come questo».
Sicuramente la proposta di Cantona è provocatoria e utopistica, forse irresponsabile e se realizzata probabilmente dannosa per il tipo di economia nella quale viviamo. Il sistema bancario mondiale è molto complesso e si regge su equilibri sottili. Esistono meccanismi di salvaguardia (assicurazioni e garanzie) per queste situazioni, ma talvolta possono finire per danneggiare proprio il singolo cittadino (se lo Stato nazionalizza o finanzia la banca in crisi, spende dei nostri soldi).
All’iniziativa hanno aderito, in concreto, poche centinaia di persone. Proviamo però a immaginare se, invece che da Cantona, fosse stata lanciata da Barak Obama. Se avessero partecipato milioni e milioni di uomini, donne, studenti, lavoratori e pensionati in tutto il mondo. Gli effetti avrebbero potuto essere differenti? Realmente rivoluzionari? «Non v’è Rivoluzione senza furore popolare».