Quando nel 1961 si chiusero a Torino le celebrazioni per il centesimo genetliaco della Repubblica italiana, nel salutare “Italia 150” nessuno dei presenti aveva un’idea chiara di come sarebbero state le celebrazioni cinquant’anni più tardi. Oggi, a distanza di pochi mesi dalla data ufficiale delle celebrazioni, sembrerebbe che non sia cambiato granché.
Tanti sono i fattori destabilizzanti. Ci sono anzitutto le “beghe” del mondo politico, e in particolare l’ostruzionismo della Lega lombarda, ma anche le diverse interpretazioni che le compagini politiche di destra e sinistra danno al significato delle celebrazioni: la prima insiste sul coinvolgimento delle forze armate, la seconda caldeggia una visione popolare della festa, rivolta soprattutto a studenti e lavoratori. C’è poi da fare i conti con lo scarso interesse dei giovani, che spesso considerano il Risorgimento italiano come un periodo storico noioso (come dar loro torto?) e poco meritevole di approfondimento. A tutto ciò si aggiunge, da una parte, la carenza di fondi, che costringe la macchina organizzativa a ridurre le spese al minimo e, dall’altra parte, la scollatura tra il centro e la periferia. Basti pensare al caso torinese. Il comitato organizzatore della città di Torino si è fatto promotore di un ricco programma di celebrazioni, spesso ignorato dall’amministrazione centrale, cui spetta (o spetterebbe) il compito di tenere le fila del programma e curare i rapporti con le amministrazioni territoriali.
Insomma, il quadro è piuttosto complesso. Cosa c’è di concreto sul tavolo? Il programma attualmente si compone di due filoni principali. Il primo riguarda le infrastrutture, il secondo gli eventi culturali. Per entrambi non mancano i problemi. Nel caso delle infrastrutture, sono note le vicende che hanno portato all’arresto di Angelo Balducci, già coordinatore dell’unità tecnica di missione per i 150 anni dell’unità d’Italia e, dopo, del Consiglio superiore dei lavori pubblici, assieme alla famosa “cricca”, tra cui Mauro della Giovampaola, il successore di Balducci nella gestione dell’unità tecnica. Lo scandalo ha prodotto un piccolo terremoto all’interno dell’unità, portando a un riassestamento della pianta organica di questa e, soprattutto, al commissariamento dei lavori di alcune delle opere infrastrutturali. A miglior fortuna sembrano essere destinati i “I luoghi della memoria”, un progetto pensato per recuperare e valorizzare i luoghi legati alla storia risorgimentale italiana. L’unico neo del progetto è nei costi. Le località interessate sono tante, oltre 300. Il reperimento dei fondi necessari non è facile. Alcuni finanziamenti sono stati erogati dal Ministero per i beni e le attività culturali. Altri se ne renderanno necessari per portare a compimento il piano.
La parte culturale del programma soffre di malanni simili. Il primo e più importante consiste, appunto, nell’assenza di fondi. Fortuna vuole che, trattandosi di un programma “aperto”, molte iniziative vengono proposte a livello locale e sono auto-finanziate. In tal caso la presidenza del Consiglio si limita a patrocinare l’evento con il logo ufficiale delle celebrazioni, senza costi aggiuntivi. Problemi maggiori provengono dall’allestimento delle cd. “Grandi mostre”. Una di queste riguarderà la storia delle Regioni. Un’altra è dedicata alla macchina dello Stato, ovvero alla pubblica amministrazione e gli uomini che l’hanno composta. I progetti ci sono, le competenze da utilizzare pure. Il rischio è però quello di un flop in termini di visitatori. C’è da chiedersi se basteranno le scolaresche per far numero. Infine, tutto tace sul fronte convegni. Non è chiaro chi li organizzerà, chi dovrà intervenire e quali saranno i fondi a disposizione.
Se questo è il quadro che abbiamo di fronte, verrebbe da chiedersi se sia realmente il caso di celebrare l’anniversario o, piuttosto, se non sia preferibile lasciar correre e sperare che l’evento abbia il minor impatto mediatico possibile. La tentazione di muoversi nella seconda direzione è, a tratti, forte. Ma non sarebbe giusto per i più giovani, che restano il primo interlocutore dei festeggiamenti, e poi per tutti gli italiani che meritano una festa che ne fortifichi il senso di appartenenza. L’augurio è allora che la passione (ce n’è tanta) prevalga sugli interessi individuali. Non saranno forse i festeggiamenti lussuosi cui si era pensato in principio. Ma restano sempre un’occasione di recupero della memoria storica del Paese, che in un popolo non dovrebbe mai venir meno.