L’11 agosto scorso, l’Agenzia italiana risposta emergenze (Agire) ha definitivamente rinunciato a lanciare l’appello collettivo di raccolta fondi per l’emergenza inondazioni in Pakistan. Anche se come Cesvi ci siamo rimboccati le maniche fin dal 3 Agosto, come vicepresidente del network, la decisione di Agire mi strazia. L’emergenza è colossale: si stimano 14 milioni di persone colpite. E le inondazioni non sono finite. Una marea di sfollati che supera anche quella provocata dal terremoto di Haiti e addirittura dallo tsunami.
Come mai allora non stiamo mobilitando la struttura consortile che abbiamo creato proprio per le circostanze eccezionali? Perché un appello cadrebbe nel vuoto; perché sui mass media italiani il Pakistan non va in prima pagina. I mass media parlano delle inondazioni dal punto di vista meteorologico, dei cambiamenti climatici. O dei turisti italiani eventualmente coinvolti. Non c’è sul campo un solo inviato dall’Italia per raccontarci le sofferenze di milioni di persone. Scrivo dei mass media perché sono l’indicatore più sensibile della nostra società. Ma è peggio se parliamo dei politici (sempre in tutt’altre faccende affaccendati) e delle disastrose politiche governative (per l’aiuto internazionale siamo scesi al penultimo posto fra i 23 Paesi Ocse, seguiti dalla sola Corea – vedi bilancio di missione Cesvi, pagina 20).
Mentre in Italia tutto tace, cosa succede negli altri Paesi occidentali? Rispondo con il consueto paragone con la Gran Bretagna, il Paese più simile al nostro come ricchezza e soprattutto come popolazione. Ebbene, ad oggi il DEC – Disasters Emergency Committee (il corrispettivo inglese di Agire) ha raccolto quasi 10 milioni di Sterline.
In un post del 15 Marzo scorso avevo affrontato lo stesso argomento a proposito di Haiti (Meno di un Euro per Haiti), dimostrando che la donazione media degli italiani fosse più bassa che negli altri Paesi occidentali (si andava dagli oltre 7 Euro raccolti per ogni svizzero ai 90 Centesimi raccolti per ogni italiano). Sorprendente? Come italiani, siamo talmente disabituati a guardare fuori dai confini nazionali che per l’emergenza tsunami siamo convinti di essere stati i più generosi al mondo, mentre è vero il contrario (anche in quel caso il DEC inglese raccolse in soli 20 giorni oltre 360 milioni di Sterline – quando la Sterlina valeva 1,5 Euro – ben dieci volte la grande raccolta della Protezione Civile in Italia, durata quasi un anno).
Come già scrissi a proposito di Haiti, non nego l’altruismo degli italiani. Contesto la “retorica del volontariato”; la scarsa professionalità e disorganizzazione del non profit nostrano; la sua frammentazione e autoreferenzialità. Contesto che siano gli scandali o i mancati controlli a frenare le donazioni perché, anzi, il non profit è ai vertici degli indici di fiducia, sopra ogni altro attore sociale o istituzione. Contesto lo statalismo che impera in entrambi gli schieramenti politici che con il loro operato negano il principio costituzionale della sussidiarietà. Contesto il sistema fiscale pubblico, ma anche le imprese private, anche quelle sensibili come le banche, le poste e le compagnie telefoniche. Insieme a noi, sono anch’esse responsabili della mancanza in Italia di moderni canali di donazione. In Gran Bretagna si dona in busta paga o al supermercato, da noi si deve fare la coda in posta o si fa la questua in chiesa. E’ vero che con Vodafone abbiamo inventato l’sms solidale, ma è uno strumento utilizzato solo in Italia perché ha dei forti limiti: è un imbuto e fa crollare la donazione media.
Il 30 marzo scorso, a sorpresa, con un pesce d’aprile, Tremonti ha abolito le agevolazioni postali per il non profit. Le tariffe postali sono così aumentate del 500 per cento, mettendo in crisi il sistema di raccolta fondi di organizzazioni come la nostra (basato sull’invio postale di appelli postali e del periodico Cooperando). Tutte queste sono le con-cause che impediscono agli italiani di essere generosi facendo crescere una moderna cultura e pratica del dono.
Torno al Pakistan per un ricordo amaro e una buona notizia. Sui pakistani cala sempre il silenzio. Nell’ottobre 2005, a pochi giorni dal terremoto nel Nord del Pakistan, i reportage dal Kashmir distrutto sparirono dai mass media: le 80.000 vittime (di cui 35.000 bambini morti schiacciati dal crollo delle loro scuole) cedettero le prime pagine alla pruderie per le tristi vicende di Lapo Elkann.
Nonostante la distrazione dei mass media, i sostenitori del Cesvi hanno immediatamente risposto con l’invio di parecchie migliaia di Euro per l’emergenza in Pakistan e i nostri colleghi tedeschi di Welthungerhilfe ci hanno affidato parte della raccolta fra i loro concittadini (per ora 50.000 €) che ci consentono di avviare la distribuzione di cibo e acqua potabile in tre distretti difficilmente raggiungibili, ancora esclusi dai soccorsi.
Giangi Milesi
- Giangi Milesi è presidente di Cesvi (Cooperazione e sviluppo), organizzazione laica e indipendente che opera per la solidarietà mondiale, orientata alla progettazione, promozione e realizzazione di programmi di cooperazione, emergenza e lotta alla povertà nei Paesi in via di sviluppo.