Il segreto

Collaborazioni esterne,

SegretoIl gran­de poe­ta liba­ne­se Kahlil Gibran lo ave­va capi­to: la vera ric­chez­za di un Uomo sta nell’avere il corag­gio di guar­da­re in una goc­cia per arri­va­re a sco­pri­re l’affascinante miste­ro del mare. In una socie­tà come la nostra, nel­la qua­le la cul­tu­ra sem­bra divi­sa in com­par­ti­men­ti sta­gni, è fon­da­men­ta­le ritro­va­re il pro­fon­do valo­re del­la cono­scen­za. Non il con­fron­to aset­ti­co dei libri o dei discor­si poli­ti­ci, ma il con­tat­to diret­to e vivo con l’Altro. Se è vero che si ha pau­ra solo di ciò che non si cono­sce, l’antidoto al rifiu­to del Diverso esi­ste: il viaggio.

Durante la mia espe­rien­za in Siria ho avu­to modo di con­fron­ta­re ciò che ave­vo stu­dia­to sui libri con la real­tà. Mi sono resa con­to che il mon­do ara­bo-isla­mi­co è mol­to più ric­co di sfu­ma­tu­re di quan­to fac­cia­no cre­de­re i media occi­den­ta­li. Siamo abi­tua­ti ad asso­cia­re la paro­la “Islam” o “ara­bo” a kami­ka­ze e ter­ro­ri­smo: si trat­ta un’immagine par­zia­le e mino­ri­ta­ria del­la cul­tu­ra isla­mi­ca, non­ché quel­la che più si pre­sta a faci­li slo­gan di pro­pa­gan­da. Al con­tra­rio, va distin­to il modo di vive­re e pen­sa­re del­le per­so­ne comu­ni da quel­lo del­le mino­ran­ze al pote­re. Ad esem­pio: l’azione di Al-Qaeda si radi­ca in Afghanistan a cau­sa del­la man­can­za di un vero pote­re sta­ta­le, sfrut­tan­do la mise­ria del­la popo­la­zio­ne, ma di cer­to il fon­da­men­ta­li­smo reli­gio­so è più un’arma poli­ti­ca che non lo spec­chio veri­tie­ro del­la reli­gio­ne isla­mi­ca e come tale è asso­lu­ta­men­te disap­pro­va­to dall’opinione pub­bli­ca araba.

Così il fat­to che Damasco ospi­ti la sede del movi­men­to pale­sti­ne­se di Hamas (che lot­ta per libe­ra­re i ter­ri­to­ri pale­sti­ne­si occu­pa­ti) e finan­zi gli Hezbollah (com­bat­ten­ti fon­da­men­ta­li­sti con­tro Israele nel sud del Libano) non vuol dire che la Siria sia uno Stato a favo­re del ter­ro­ri­smo isla­mi­co. Ne è una pro­va l’apertura al dia­lo­go del­la gran par­te dei siria­ni, che per­met­te la paci­fi­ca con­vi­ven­za tra le varie comu­ni­tà reli­gio­se ed etni­che pre­sen­ti sul ter­ri­to­rio, così come tra la com­po­nen­te lai­ca e quel­la reli­gio­sa del­la società.

La Siria, come mol­ti altri Stati ara­bi, si tro­va in una situa­zio­ne di stal­lo tra la spin­ta ver­so la moder­ni­tà, che da sem­pre fa rima col model­lo occi­den­ta­le, e il radi­ca­men­to nel­la tra­di­zio­ne: un incon­tro che tal­vol­ta gene­ra del­le rispo­ste ter­ri­bil­men­te con­trad­dit­to­rie. Questa dico­to­mia è chia­ra­men­te visi­bi­le dal qua­dro poli­ti­co. L’involucro di demo­cra­zia par­la­men­ta­re nascon­de una liber­tà di stam­pa vigi­la­ta, accom­pa­gna­ta da uno stret­to con­trol­lo sul­la socie­tà civi­le: il ruo­lo del Presidente è legit­ti­ma­to pub­bli­ca­men­te da foto per­so­na­li spar­se per le vie di Damasco, il gover­no resta rilut­tan­te a con­ce­de­re visti (quin­di oppor­tu­ni­tà di viag­gio per la popo­la­zio­ne), vigi­la attra­ver­so un siste­ma di “spio­nag­gio” infor­ma­le sui movi­men­ti del­le mino­ran­ze cur­de e sul­la vita pri­va­ta dei cit­ta­di­ni (ad esem­pio, due siria­ni non spo­sa­ti non pos­so­no convivere).

La stes­sa rea­zio­ne ambi­va­len­te si pre­sen­ta nel rap­por­to con la ses­sua­li­tà: si nota una net­ta con­trap­po­si­zio­ne tra il desi­de­rio di con­fron­to dei ragaz­zi e la chiu­su­ra “a ric­cio” del­la mag­gior par­te del­le don­ne musul­ma­ne, che sem­bra­no non voler alcun con­tat­to con le loro vici­ne d’oltremare. Durante il mio sog­gior­no in Siria rare vol­te mi è capi­ta­to di poter con­ver­sa­re con una don­na al di là del livel­lo for­ma­le. Spesso quin­di non è solo la socie­tà patriar­ca­le a impe­di­re l’emancipazione fem­mi­ni­le, ma sono le don­ne stes­se a non pren­de­re coscien­za di sé e a pro­muo­ve­re un model­lo di vita che qualcun’altro ha scel­to per loro, legit­ti­man­do­lo con un’ideologia reli­gio­sa. Le ragaz­ze occi­den­ta­li sono per­ce­pi­te come un ele­men­to di con­cor­ren­za e minac­cia al pro­prio model­lo socia­le: mi sono ritro­va­ta a chia­ri­re più vol­te il pre­giu­di­zio che le don­ne euro­pee sia­no mol­to libe­re e quin­di faci­li al ses­so o all’esposizione del loro cor­po. Di fron­te a quel­la che è spes­so l’immagine domi­nan­te del cine­ma e dei media, ho spie­ga­to che la liber­tà è soprat­tut­to posi­ti­va, sin­to­mo d’indipendenza e coscien­za di sé, del­la pro­pria vita e del pro­prio ruo­lo nel­la società.

In con­clu­sio­ne: non uno, ma mil­le mon­di ara­bi. L’apertura di un ragaz­zo si scon­tra con la visio­ne con­ser­va­tri­ce di un cin­quan­ten­ne; la real­tà este­rio­re e movi­men­ta­ta cela una “sin­go­la­re” demo­cra­zia e una pas­si­va accon­di­scen­den­za comu­ne; la vita cit­ta­di­na si affian­ca alle ten­de dei noma­di appe­na fuo­ri cit­tà; il chias­so brio­so del­le stra­de cede il pas­so al silen­zio schiac­cian­te che aleg­gia nei posti segna­ti dal­la guer­ra al con­fi­ne con Israele; i cao­ti­ci pae­sag­gi urba­ni si alter­na­no con gli sce­na­ri qua­si luna­ri del deser­to. Così ogni sin­go­lo aspet­to, che pre­so sin­go­lar­men­te sem­bra insi­gni­fi­can­te, diven­ta un nuo­vo pez­zo del puzz­le, un’altra pic­co­la fine­stra sul mon­do: una goc­cia del mare più impor­tan­te e infi­ni­ta dell’oceano stesso.

Sabrina Iannazzone

I commenti sono chiusi.