Ceci n’est pas un texte

Tommaso Dentico,

FrattaleNon uti­le, non van­tag­gio­so, non inte­res­san­te. A nul­la ser­ve e nul­la dice. Solo una man­cia­ta di paro­le pesca­te alla rin­fu­sa da un ango­lo di cuo­re e sca­glia­te nel moni­tor da uno che paro­le non sa e che paro­le non scri­ve. Nessuno sco­po, né sen­so, né tem­po. Perché bat­to le dita sul­la tastie­ra usu­ra­ta sognan­do un ipo­te­ti­co let­to­re? Un let­to­re che non c’è; ma che – se anche ci fos­se – quan­to­me­no si aspet­te­reb­be un pen­sie­ro, con­cor­de o discor­de non ha impor­tan­za, ma alme­no un pen­sie­ro. Perché mi osti­no a insoz­za­re que­sta pagi­na quan­do nul­la ho da dire? Mi sem­bra giu­sto fare pre­sen­te a chi fos­se dall’altra par­te del­lo scher­mo che que­sto post non esi­ste e non sarà pub­bli­ca­to. Non è onli­ne e tu non lo stai leg­gen­do: per­ché non affer­ma nul­la, nul­la di nul­la. Ma nean­che par­la del nul­la, che già sareb­be par­la­re di qual­co­sa. Questo post non par­la, per­ché non ha pen­sie­ri, non ha ini­zio, fine, tesi, non ha pun­ti impor­tan­ti, non ha un auto­re né un let­to­re; pro­ba­bil­men­te è un virus nel com­pu­ter: for­mat­ta­re! for­mat­ta­re! for­mat­ta­re! Niente pau­ra, come vie­ne così va e non lascia trac­ce, non guar­da in fac­cia nes­su­no e non si fa ricor­da­re. Non un sen­so, non una veri­tà, non un’ idea.

Cosa stai facen­do? Lo stai anco­ra leg­gen­do! Sì non pos­so sba­gliar­mi, tu lo stai leg­gen­do; ma non devi, non ser­ve, non far­lo, stai but­tan­do via il tuo tem­po, fida­ti, te lo dice lo stes­so testo che hai davan­ti. Capisco la situa­zio­ne, la con­fu­sio­ne. Rinfresca un atti­mo le idee, stac­ca­ti dal com­pu­ter e fai dell’altro, qual­sia­si cosa: man­gia lava stu­dia com­pra leg­gi gio­ca bacia pian­gi ridi cor­ri guar­da com­pra ascol­ta sal­ta muo­ri spu­ta rom­pi ama roto­la vola cadi par­la com­pra lavo­ra lamen­ta­ti dimen­ti­ca arren­di­ti pen­sa scri­vi inven­ta com­pra anco­ra… ma fai qual­co­sa, qual­sia­si cosa, che sia con­cre­ta, che sia rispet­ta­bi­le, che sia, sia, sia ma falla!

Questo post è inu­ti­le, inu­ti­liz­za­bi­le, non spen­di­bi­le, intoc­ca­bi­le, non acqui­sta­bi­le né riven­di­bi­le, non miglio­ra­bi­le pur­trop­po. Eppure sei arri­va­to fino alla fine di un testo che non è sta­to scrit­to né pub­bli­ca­to, né let­to. Forse allo­ra – tu l’hai capi­to – que­sto foglio mac­chia­to, que­sto sen­ti­men­to insen­sa­to, quest’appello lan­cia­to nel vuo­to e per­so nel buio, ti ha col­pi­to e spin­to a non fare tut­te le cose che pote­vi, nel tem­po di que­sta let­tu­ra che non c’è sta­ta. Tu for­se l’hai com­pre­so, l’hai sen­ti­to, l’hai pene­tra­to a tal pun­to da ren­der­ti con­to che, per il fat­to stes­so di esse­re così estra­neo al mon­do, fuo­ri dagli sche­mi, è intri­so di uma­ni­tà, di cuo­re, di sen­ti­men­ti, di ani­ma, di vita. Averlo let­to fino alla fine, di un fia­to, sen­za pun­ti, sen­za vir­go­le, sen­za se sen­za ma, è sta­to – come dire – bel­lo. Questo “non-testo” è così e basta, è nato dal nul­la e al nul­la ritor­na, ma pote­va esse­re in mil­le altri modi e manie­re, con mil­le altre paro­le e mil­le altre mani a scri­ver­lo e occhi a leg­ger­lo. Il suo uni­co valo­re è il sen­so che non c’è. Bada, non ti pren­do in giro e ormai l’avrai capi­to anche tu. È sta­to un gran pri­vi­le­gio aver let­to qual­co­sa che non è qual­co­sa, un testo che non vuo­le comu­ni­ca­re o affer­ma­re nien­te; un testo così non capi­ta tut­ti i gior­ni e su tut­ti i siti, un testo che è sola­men­te uno spec­chio, di se stes­so, di te stes­so e dell’umanità. Hai spre­ca­to il tuo tem­po, minu­ti che dove­va­no esse­re usa­ti, inve­sti­ti, d’altronde il tem­po è dena­ro; la let­tu­ra non è sta­ta frut­tuo­sa, non è con­di­vi­si­bi­le. Ma è solo tua: tua che l’hai rin­cor­sa cer­can­do­vi un signi­fi­ca­to che già era in te; per­ché capi­vi che al di là dei fat­ti e del­le paro­le c’era una scin­til­la, un di più, che non ha pro­dot­to nul­la, ma ti ha fat­to sen­ti­re Uomo per quei pochi minuti.

L’autore si chie­de quan­te vol­te ci fer­mia­mo a pen­sa­re a noi. Quante vol­te ci ricor­dia­mo di non esse­re solo lavo­ro, dove­ri, ogget­ti, vesti­ti, bel­le manie­re, appa­ren­ze? Quand’è l’ultima vol­ta che sei rima­sto rapi­to dal colo­re di un fio­re, dall’immensità del cie­lo, dal rumo­re del­la piog­gia o dall’odore dell’erba? Quando arri­ve­rà il momen­to di riflet­te­re su cosa per te ha dav­ve­ro valo­re, impor­tan­za, essen­za, digni­tà? Forse ora?

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