Dal vangelo secondo Matteo: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non provvedetevi d’oro, né d’argento». Duemila anni dopo pare che le cose stiano in maniera un pò diversa.
A partire dal 1984 il sistema dei finanziamenti religiosi in Italia è regolato dalla riforma Craxi. Il sistema prevede che i contribuenti possano devolvere una parte delle proprie tasse a una confessione religiosa: è la nascita del cosiddetto “otto per mille”. Il nuovo modello è rivoluzionario rispetto al precedente, che risaliva ai Patti Lateranensi del 1929: si prende l’otto per mille dell’intero gettito fiscale e lo si destina alle confessioni religiose o allo Stato, in base alle scelte dei contribuenti, affinché possano essere realizzati scopi d’interesse sociale o a carattere umanitario.
Il modo in cui l’idea viene messa in pratica però è discutibile. In primo luogo non tutte le confessioni possono accedere al finanziamento diretto: questo è concesso solo alle religioni che abbiano stipulato un’intesa e cioè un accordo bilaterale con lo Stato italiano. Ciò vuol dire che il governo, a sua totale discrezione, sceglie chi può ricevere i soldi e chi no. Attualmente le confessioni che hanno accesso al finanziamento sono sei: principalmente la Chiesa cattolica e l’Unione delle comunità ebraiche italiane, seguite da comunità meno numerose come le Assemblee di Dio in Italia, l’Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del settimo giorno, la Chiesa evangelica valdese e la Chiesa Evangelica Luterana in Italia. Intere religioni come l’Islam (1.300.000 fedeli in Italia), l’Induismo (110mila) e il Buddhismo (100mila) non ricevono nemmeno un euro dallo Stato.
Altrettanto opinabile è poi il metodo di ripartizione del denaro tra queste sette istituzioni (sei confessioni religiose, più lo Stato italiano): il meccanismo è abbastanza contorto e ovviamente in pochi ne sono a conoscenza. Chi esprime una scelta – circa il 40% dei contribuenti – devolve il denaro alla confessione che preferisce. In questo modo vengono distribuiti circa 400 milioni di euro (di cui 350 alla Chiesa cattolica che viene scelta dal 90% delle persone, 35 milioni allo Stato, cinque ai valdesi e un milioncino agli altri). Fin qui tutto normale.
Per quelli invece che non eprimono una preferenza (il 60% dei contribuenti, corrispondente a circa 570 milioni di euro) avviene il paradosso: i soldi non vengono divisi in maniera uguale tra tutti (o devoluti allo Stato), ma si ripartiscono sulla base delle scelte espresse dagli altri. La Chiesa quindi riceve altri 500 milioni, lo Stato 60, la comunità ebraica 2 e le altre due confessioni un milione a testa (i valdesi e le Assemblee in Italia hanno correttamente rinunciato al denaro derivante dalle scelte non espresse). In questo modo chi non sceglie nessuna confessione vede, di fatto, destinare le proprie risorse alla Chiesa Cattolica.
Si potrebbe discutere su come questo patrimonio venga utilizzato: se veramente (come dice lo spot) sia stato fatto “molto per tanti” (missioni umanitarie circa 200 milioni di euro) o moltissimo per pochi (sostentamento dei sacerdoti 470 milioni di euro). Ma questo è un problema che riguarda la Chiesa.
Se si sceglie di devolvere i soldi allo Stato è perché si pensa che questi siano utilizzati, come dice la legge, per «interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali». È vero, molto denaro è stato stanziato per il terremoto in Abruzzo, altro per interventi umanitari in Africa, altro ancora per assistenza agli indigenti.
Quello che in parte stupisce è che sotto la voce “conservazione dei beni culturali”, possiamo trovare per esempio: «Completamento del restauro conservativo della facciata e della Chiesa dell’Istituto figlie di San Giuseppe in Genova (290.000 €)», oppure «Restauro delle superfici parietali delle volte interne ed intradossali dei due chiostri e restauro della facciata principale del Monastero Benedettino di San Giovanni Evangelista a Parma (250.000 €)», o «Consolidamento statico e restauro del campanile della cattedrale di Maria SS. Assunta a Lecce (220.000 €)». E tanti altri interventi di questo tipo.
È indiscutibile che le chiese, le abbazie e i monasteri siano un patrimonio culturale inestimabile per il nostro Pasese e per il mondo intero. Considerando però che la Chiesa cattolica riceve già 860 milioni di euro dallo Stato, è forse legittimo chiedersi se sia necessario destinarne ulteriori 90 per il recupero di beni appartenenti alla Chiesa cattolica stessa.
In passato i radicali hanno provato a chiedere l’abrogazione di questo sistema tramite referendum; altri hanno cercato di ottenere delle pronunce di incostituzionalità: tutti tentativi andati a vuoto perché la materia è addirittura sovra-ordinata alla Costituzione, essendo un patto bilaterale tra due Stati sovrani. Per un contribuente laico sembra quindi che l’unica soluzione rimasta sia pregare.