Camminando per andare a prendere la metropolitana, con gli occhi sull’asfalto, può capitare di imbattersi in messaggi inaspettati e curiosi. Ad esempio “Pandina ti amo <3” scritto sul marciapiede, con una bomboletta azzurra.
Ciò che mi ha immediatamente colpito sta nell’ultima riga: i due caratteri “<3” a rappresentare un cuore.
Simboli di questo tipo sono caratteristici della comunicazione elettronica e sono figli delle sue limitazioni: un set di caratteri ridotto e una struttura tutto sommato rigida. Queste costrizioni hanno portato, nel tempo, a unire simboli basilari quali parentesi e segni di interpunzione per rappresentarne altri più complessi, che vanno dal semplice “smiley” alla più intricata “ASCII art”.
Ci si aspetterebbe che, liberi dalle limitazioni del formato elettronico, questi espedienti non fossero più necessari. Eppure qualcuno, nonostante la libertà concessa da una bomboletta di vernice sull’asfalto, ha pensato comunque di ridursi a quei caratteri per veicolare il suo messaggio.
La cosa mi ha lasciato perplesso, finché non ho realizzato che anche io, nei miei rari messaggi scritti con carta e penna, sono spesso tentato di utilizzare le faccine tipiche dei messaggi digitali. Non è quindi una questione di limitazioni imposte dal medium utilizzato: ormai, per me, quelle faccine hanno un ben preciso significato. Lo stesso vale per quel cuore stilizzato sull’asfalto.
Quella che era nata come approssimazione di un simbolo è diventata simbolo a sua volta. Le strade sulle quali evolve la comunicazione sono inaspettate e curiose, quasi quanto quella frase azzurra sul grigio dell’asfalto.
Alessandro Morandi