Camus e il partito del dubbio

Andrea Lugoboni,

CamusIl 4 Gennaio 1960 Albert Camus si schian­ta­va con la sua auto e mori­va a soli qua­ran­ta­set­te anni. Scompariva uno tra i più gran­di scrit­to­ri del nove­cen­to e la Francia, nel cin­quan­te­na­rio del­la sua scom­par­sa, lo cele­bra in gran­de sti­le. Si va dal­le pagi­ne su tut­ti i quo­ti­dia­ni fran­ce­si fino alla pro­po­sta del pre­si­den­te Sarkozy di inu­mar­lo nel Pantheon di Parigi, tra Vicotr Hugo e Voltaire, per ren­der­gli omag­gio. ll mon­do del­la cul­tu­ra fran­ce­se gli dedi­ca nuo­ve pub­bli­ca­zio­ni, inser­ti spe­cia­li, un film per la tv e mara­to­ne radio. Per tut­to l’anno, a Parigi e in mol­te altre cit­tà del­la Francia, sono in pro­gram­ma con­fe­ren­ze, film e spet­ta­co­li teatrali.

Una cele­bra­zio­ne che è anche una ria­bi­li­ta­zio­ne. Durante gli anni ses­san­ta lo scrit­to­re rima­se for­te­men­te iso­la­to e ven­ne mol­to cri­ti­ca­to dall’intellighenzia comu­ni­sta fran­ce­se: la sua col­pa fu la denun­cia del­lo sta­li­ni­smo, tan­to che i suoi ex ami­ci (tra cui anche Sartre) lo riget­ta­ro­no e lo eti­chet­ta­ro­no come bor­ghe­se. La sua per­so­na­li­tà eclet­ti­ca di gior­na­li­sta, roman­zie­re e filo­so­fo fu quel­la di un uomo for­te nel suo biso­gno di veri­tà e soli­da­rie­tà. Denunciò in mol­ti modi le varie for­me d’ingiustizia socia­le e poli­ti­ca, pole­miz­zò mol­to con­tro la pover­tà e la con­di­zio­ne disa­gia­ta del­la popo­la­zio­ne alge­ri­na, con­tro il colo­nia­li­smo, si schie­rò in pri­ma linea come gior­na­li­sta nel segui­re i casi lascia­ti nell’ombra, par­te­ci­pò alla resi­sten­za con­tro i nazi­sti. Proprio per que­sto suo impe­gno fu respin­to sia dal­la destra che dal­la sini­stra del tem­po. La rivol­ta di un uomo: que­sta fu la vita di Albert Camus. «Non face­va par­te di alcun par­ti­to. Diceva sem­pre che l’unica fazio­ne con cui avreb­be potu­to soli­da­riz­za­re era com­po­sta da chi non è mai sicu­ro di aver ragio­ne: Il par­ti­to del dub­bio»: così ricor­da suo padre Catherine Camus, e così ne per­ce­pia­mo il fasci­no noi. Di fron­te al non sen­so del­la vita, a que­sta scon­so­la­ta con­clu­sio­ne, la sua filo­so­fia è un rifiu­to di resa al male di vive­re e una pro­po­sta di soli­da­rie­tà e impe­gno tra gli uomi­ni, un ricer­ca­re dispe­ra­ta­men­te un sen­so all’esistenza.

Certo l’esistenza è assur­da e non ci sono valo­ri asso­lu­ti, ma la rispo­sta è rea­gi­re a ciò che di nega­ti­vo c’è nel mon­do. Il suo talen­to let­te­ra­rio ven­ne pre­mia­to nel 1957 con il Premio Nobel. La sua ope­ra è sta­ta (ed è anco­ra) dav­ve­ro mol­to apprez­za­ta, ma lo è anche la sua sto­ria uma­na: una vita vota­ta alla ribel­lio­ne con­tro la fal­si­tà e tut­to ciò che  mor­ti­fi­ca l’individuo e la sua libertà.

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