Alcune realtà, se viste con occhio esterno, sono ancora più lampanti. Molte situazioni appaiono più nitide, cristalline. Passeggiando per le strade di una grande città come Londra molti dei ragazzi che incontro mi sembra abbiano sete. Una sete incredibile di meritocrazia. Emigranti, ragazzi in cerca di fortuna, giovani che cercano denaro per proseguire gli studi, rifugiati politici, orfani di guerra. Bianchi, gialli, neri e mulatti si trovano sotto una cupola di lingue e parole che stentano ad esprimere appieno le strade che ognuno ha percorso per approdare al principio di una nuova vita di successi e pianti, sognata e agognata. In tutto questo mi domando spesso quale sia il risultato di una vita italiana.
Molti di noi si trovano in situazioni estremamente semplificate rispetto a quelle di un indonesiano o di un serbo che hanno dovuto sgomitare nella miseria per arrivare al successo. Non sono rare infatti le situazioni di ragazze e ragazzi di vent’anni che chiedono prestiti a governi per pagarsi gli studi, o lavorano in una bettola per un anno per racimolare il necessario. Tutto questo semplicemente per raggiungere il posto che loro spetta nel panorama mondiale. Noi invece ci accontentiamo, rammolliti da una decadente civiltà dei consumi, giustificando i nostri fallimenti strutturali con argomentazioni storiche o retrospettive. Colpa del governo, colpa della scuola, colpa dei genitori. La realtà è che non realizziamo più quanto difficile sia raggiungere i propri sogni, dimenticando la generazione dei nostri nonni, che hanno combattuto una guerra e ricostruito un Paese.
C’è da dire che il merito qui in Inghilterra premia, diversamente da quanto avviene in Italia (soprattutto in ambito pubblico). L’arsura qui è placata da un sistema che, con tutte le farraginosità del caso, alla fin fine premia. Non lo dico per lamentarmi, al contrario per ricordare che dobbiamo essere noi a lottare. Dobbiamo essere noi a combattere per un sistema più corretto, equo, non cedendo alla forte tentazione di isolarci nel nostro mondo fatto di raccomandazioni e posti sicuri. È qui che cadiamo: puntiamo il dito, ma non muoviamo una mano. Là fuori il mondo è pieno di ragazzi che lottano per la sopravvivenza, il successo e la felicità, partendo da molto più in basso di noi.
Luca de’ Angelis